Palermo in 7 giorni

Mauro
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Visite turistiche

Nel 1910 il Ridotto del Teatro Politeama divenne la sede della Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo. Le ragioni di tale scelta furono motivate dal valore emblematico del monumento, che testimoniava la esaltante stagione della Belle Époque, e dalla sua stessa collocazione nel cuore della città moderna. Dopo quasi un secolo, il Museo si trasferisce nel centro storico della città, oggi luogo di ricerca e d'incontro tra le diverse identità culturali. Nel complesso di Sant'Anna alla Misericordia è possibile distinguere tuttora le fisionomie architettoniche di una residenza privata del Quattrocento e di un convento seicentesco. Il palazzo fu costruito intorno al 1480 dal mercante catalano Gaspare Bonet e divenne presto un modello per l'edilizia residenziale aristocratica. Nel 1618, il palazzo fu venduto ai Padri Francescani determinando la necessità di un ampliamento dell'edificio con la costruzione del convento che si protrasse per tutto il Seicento. La galleria espone ben 214 opere, 176 dipinti e 38 sculture, acquistate alla Biennale di Venezia o da collezioni private e ricevute in dono. Esse rappresentano una importante testimonianza dell’arte italiana dal ‘700 ai primi anni del ‘900. Il piano terra è dedicato al genere storico nei formati monumentali; al ritratto tra Neoclassicismo e Romanticismo; al lungo tramonto della mitologia neoclassica; alla celebrazione di Garibaldi tra storia e mito; a Francesco Lojacono e a una nuova immagine della Sicilia. Il primo piano espone le opere riguardanti la poetica del "vero" nei temi letterari e nelle scene di genere; Estetismo ed Esotismo tra Otto e Novecento; dipinti di Antonino Leto e la fortuna del paesaggio mediterraneo; Ettore De Maria Bergler e il Naturalismo lirico di fine secolo; le ultime espressioni del paesaggio nel Naturalismo di fine secolo; Michele Catti e il paesaggio interiore. Infine, il secondo piano ospita i dipinti inerenti il gusto delle Biennali di Venezia tra simbolismo e modernismo; i percorsi del Novecento italiano e il Novecento in Sicilia.
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Moderne Kunstgalerie Sant'Anna
21 Via Sant'Anna
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Nel 1910 il Ridotto del Teatro Politeama divenne la sede della Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo. Le ragioni di tale scelta furono motivate dal valore emblematico del monumento, che testimoniava la esaltante stagione della Belle Époque, e dalla sua stessa collocazione nel cuore della città moderna. Dopo quasi un secolo, il Museo si trasferisce nel centro storico della città, oggi luogo di ricerca e d'incontro tra le diverse identità culturali. Nel complesso di Sant'Anna alla Misericordia è possibile distinguere tuttora le fisionomie architettoniche di una residenza privata del Quattrocento e di un convento seicentesco. Il palazzo fu costruito intorno al 1480 dal mercante catalano Gaspare Bonet e divenne presto un modello per l'edilizia residenziale aristocratica. Nel 1618, il palazzo fu venduto ai Padri Francescani determinando la necessità di un ampliamento dell'edificio con la costruzione del convento che si protrasse per tutto il Seicento. La galleria espone ben 214 opere, 176 dipinti e 38 sculture, acquistate alla Biennale di Venezia o da collezioni private e ricevute in dono. Esse rappresentano una importante testimonianza dell’arte italiana dal ‘700 ai primi anni del ‘900. Il piano terra è dedicato al genere storico nei formati monumentali; al ritratto tra Neoclassicismo e Romanticismo; al lungo tramonto della mitologia neoclassica; alla celebrazione di Garibaldi tra storia e mito; a Francesco Lojacono e a una nuova immagine della Sicilia. Il primo piano espone le opere riguardanti la poetica del "vero" nei temi letterari e nelle scene di genere; Estetismo ed Esotismo tra Otto e Novecento; dipinti di Antonino Leto e la fortuna del paesaggio mediterraneo; Ettore De Maria Bergler e il Naturalismo lirico di fine secolo; le ultime espressioni del paesaggio nel Naturalismo di fine secolo; Michele Catti e il paesaggio interiore. Infine, il secondo piano ospita i dipinti inerenti il gusto delle Biennali di Venezia tra simbolismo e modernismo; i percorsi del Novecento italiano e il Novecento in Sicilia.
Nasce a Palermo il MEC MUSEUM, il primo museo in Sicilia interamente dedicato alla Rivoluzione Informatica. Spazio culturale unico realizzato al piano nobile del palazzo cinquecentesco Castrone Santa Ninfa con vista impareggiabile sulla Cattedrale di Palermo. Il MEC MUSEUM nasce dalla visione e dalla creatività dell’architetto e imprenditore palermitano Giuseppe Forello, importante collezionista di macchine informatiche della Apple. Ad aprire il calendario culturale del MEC MUSEUM, la prima mostra in Sicilia dedicata proprio al fondatore della Apple e alle sue prodigiose macchine tecnologiche che hanno determinato quella rivoluzione informatica e digitale che ha cambiato il mondo e gli stili di vita di miliardi di persone. Why Join the Navy If You Can Be a Pirate? è un viaggio che racconta l’opera e la grandezza di Steve Jobs e che si spinge ben oltre il mondo del digitale e della tecnologia. È la storia di un uomo che, con le sue intuizioni e i suoi prodotti, ha ridisegnato profondamente la nostra società, attivando quell’inarrestabile cascata di trasformazioni che caratterizza il nostro tempo e di cui, ancora, non percepiamo del tutto i confini e la vastità. La mostra è divisa in otto aree tematiche – Innovazione, Pirati, Seme e frutto, Apple Store, Prototipi, Pixar, Tempio e Competizione – che si snodano attraverso le sette sale del MEC MUSEUM, ripercorrendo la vita del fondatore della Apple e l’evoluzione dei suoi prodotti dal 1976 a oggi. Accanto a icone come il Lisa I, il NeXTcube e i Macintosh sono esposte le altre macchine informatiche che hanno cambiato per sempre il nostro modo di comunicare, lavorare e vivere. E, su tutte, il rarissimo Apple-I, primo computer creato da Steve Wozniak e Steve Jobs nel 1976, che lo stesso Forello ha definito il Santo Graal della Rivoluzione Informatica. Una rivoluzione tecnologico-digitale che Jobs, con la sua visione, ha trasformato nella più grande rivoluzione culturale di tutti i tempi: quella di rendere l’informazione accessibile a tutti. Curata da Cecilia Botta, storica dell’informatica e curatrice di BasicGallery, archivio storico di BasicNet, la temporanea Steve Jobs 1955-2011 – Why Join the Navy If You Can Be a Pirate? è progettata dallo stesso Forello e dal concept designer Francesco Ferla.
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MEC Museum
452 Via Vittorio Emanuele
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Nasce a Palermo il MEC MUSEUM, il primo museo in Sicilia interamente dedicato alla Rivoluzione Informatica. Spazio culturale unico realizzato al piano nobile del palazzo cinquecentesco Castrone Santa Ninfa con vista impareggiabile sulla Cattedrale di Palermo. Il MEC MUSEUM nasce dalla visione e dalla creatività dell’architetto e imprenditore palermitano Giuseppe Forello, importante collezionista di macchine informatiche della Apple. Ad aprire il calendario culturale del MEC MUSEUM, la prima mostra in Sicilia dedicata proprio al fondatore della Apple e alle sue prodigiose macchine tecnologiche che hanno determinato quella rivoluzione informatica e digitale che ha cambiato il mondo e gli stili di vita di miliardi di persone. Why Join the Navy If You Can Be a Pirate? è un viaggio che racconta l’opera e la grandezza di Steve Jobs e che si spinge ben oltre il mondo del digitale e della tecnologia. È la storia di un uomo che, con le sue intuizioni e i suoi prodotti, ha ridisegnato profondamente la nostra società, attivando quell’inarrestabile cascata di trasformazioni che caratterizza il nostro tempo e di cui, ancora, non percepiamo del tutto i confini e la vastità. La mostra è divisa in otto aree tematiche – Innovazione, Pirati, Seme e frutto, Apple Store, Prototipi, Pixar, Tempio e Competizione – che si snodano attraverso le sette sale del MEC MUSEUM, ripercorrendo la vita del fondatore della Apple e l’evoluzione dei suoi prodotti dal 1976 a oggi. Accanto a icone come il Lisa I, il NeXTcube e i Macintosh sono esposte le altre macchine informatiche che hanno cambiato per sempre il nostro modo di comunicare, lavorare e vivere. E, su tutte, il rarissimo Apple-I, primo computer creato da Steve Wozniak e Steve Jobs nel 1976, che lo stesso Forello ha definito il Santo Graal della Rivoluzione Informatica. Una rivoluzione tecnologico-digitale che Jobs, con la sua visione, ha trasformato nella più grande rivoluzione culturale di tutti i tempi: quella di rendere l’informazione accessibile a tutti. Curata da Cecilia Botta, storica dell’informatica e curatrice di BasicGallery, archivio storico di BasicNet, la temporanea Steve Jobs 1955-2011 – Why Join the Navy If You Can Be a Pirate? è progettata dallo stesso Forello e dal concept designer Francesco Ferla.
Grandiosa dimora tardo-quattrocentesca e splendida dimora in stile gotico-catalano di Francesco Patella o Abatellis, che fu maestro portolano del regno e pretore della città, il quale commissionò i lavori di costruzione all’architetto Matteo Carnalivari. Alla sua morte, il palazzo divenne convento benedettino e sul lato nord-orientale venne costruita una piccola cappella rettangolare con volte a crociera; nei secoli successivi vi furono apportati diversi cambiamenti ed ampliamenti. Il palazzo si presenta disposto attorno ad un ampio atrio con un lato porticato. Dal 1953 è sede della Galleria Regionale della Sicilia, dove sono esposte opere di artisti siciliani medievali, croci tardo-medievali, vasi e manufatti di epoca araba, pitture del sei e settecento. Sicuramente, le opere d’arte di maggior rilievo sono: lo splendido affresco del “Trionfo della Morte” di ignoto, realizzato nel XV secolo, ritenuto un capolavoro dell’arte pittorica di quel periodo; il delicatissimo busto di Eleonora d’Aragona eseguito da Francesco Laurana; l’intensa “Annunziata” di Antonello da Messina dipinta nel 1473, considerata una autentica “icona” del rinascimento italiano.
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Palazzo Abatellis
4 Via Alloro
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Grandiosa dimora tardo-quattrocentesca e splendida dimora in stile gotico-catalano di Francesco Patella o Abatellis, che fu maestro portolano del regno e pretore della città, il quale commissionò i lavori di costruzione all’architetto Matteo Carnalivari. Alla sua morte, il palazzo divenne convento benedettino e sul lato nord-orientale venne costruita una piccola cappella rettangolare con volte a crociera; nei secoli successivi vi furono apportati diversi cambiamenti ed ampliamenti. Il palazzo si presenta disposto attorno ad un ampio atrio con un lato porticato. Dal 1953 è sede della Galleria Regionale della Sicilia, dove sono esposte opere di artisti siciliani medievali, croci tardo-medievali, vasi e manufatti di epoca araba, pitture del sei e settecento. Sicuramente, le opere d’arte di maggior rilievo sono: lo splendido affresco del “Trionfo della Morte” di ignoto, realizzato nel XV secolo, ritenuto un capolavoro dell’arte pittorica di quel periodo; il delicatissimo busto di Eleonora d’Aragona eseguito da Francesco Laurana; l’intensa “Annunziata” di Antonello da Messina dipinta nel 1473, considerata una autentica “icona” del rinascimento italiano.
Ospitato nell’ex convento dei Padri Filippini, il quale si articolava attorno a tre cortili, due dei quali ancora integri, ed al suo interno si aprivano logge e cappelle private. Dopo il taglio di via Roma ed i danni provocati dalla guerra, restano le strutture del primo cortile tardo-rinascimentale con colonne in marmo grigio e archi policentrici. Una transenna, in pietra ad intaglio, delimita la terrazza superiore; interessanti mascheroni in pietra tra gli archi fungono da gocciolatoi. Sul cortile si aprono a destra due portali cinquecenteschi in pietra da taglio di elegante fattura. Al centro del cortile è la cinquecentesca fontana del Tritone. In successione assiale si trova il secondo cortile rettangolare, con lati porticati e fontana centrale. Al primo piano, vicino alle scale è una cappelletta privata con ricche decorazioni seicentesche; al secondo piano è stata ripristinata la bella loggia seicentesca con pavimento maiolicato. Il primo nucleo del Museo Archeologico risale alla raccolta costituita nel XVIII secolo dal gesuita Ignazio Salnitro che diede origine al Museo Salnitrano, alloggiato allora, nel Collegio Massimo dei Gesuiti al Cassero insieme al primo nucleo della Pinacoteca; entrambe le raccolte vennero trasferite nell’ex Convento dei Filippini nel 1866. Una prima sistemazione fu data tra il 1873 e il 1913 sotto la direzione dell’archeologo Antonio Salinas che accrebbe notevolmente il materiale raccolto attraverso gli scavi in corso all’epoca in tutta l’Isola. L’organizzazione sistematica del Museo avvenne nel 1950, quando si trovò in Palazzo Abatellis la giusta collocazione della Pinacoteca. I reperti archeologici sono sistemati nei locali al piano terra, attorno ai due chioschi, e nelle sale dei due piani superiori ed illustrano la civiltà antica della Sicilia, dall’epoca preistorica all’età romana. Tra i numerosi reperti, di notevole interesse sono: la preziosa “Pietra di Palermo”, iscrizione geroglifica del 2900 a.C. ; le Metope provenienti dai templi di Selinunte; grondaie a teste leonine; reperti della civiltà etrusca provenienti da Chiusi; l’Ariete, statua in bronzo del III secolo a.C.; il gruppo bronzeo di “Ercole che abbatte un cervo”, opera romana proveniente da Pompei.
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Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas
Piazza Olivella
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Ospitato nell’ex convento dei Padri Filippini, il quale si articolava attorno a tre cortili, due dei quali ancora integri, ed al suo interno si aprivano logge e cappelle private. Dopo il taglio di via Roma ed i danni provocati dalla guerra, restano le strutture del primo cortile tardo-rinascimentale con colonne in marmo grigio e archi policentrici. Una transenna, in pietra ad intaglio, delimita la terrazza superiore; interessanti mascheroni in pietra tra gli archi fungono da gocciolatoi. Sul cortile si aprono a destra due portali cinquecenteschi in pietra da taglio di elegante fattura. Al centro del cortile è la cinquecentesca fontana del Tritone. In successione assiale si trova il secondo cortile rettangolare, con lati porticati e fontana centrale. Al primo piano, vicino alle scale è una cappelletta privata con ricche decorazioni seicentesche; al secondo piano è stata ripristinata la bella loggia seicentesca con pavimento maiolicato. Il primo nucleo del Museo Archeologico risale alla raccolta costituita nel XVIII secolo dal gesuita Ignazio Salnitro che diede origine al Museo Salnitrano, alloggiato allora, nel Collegio Massimo dei Gesuiti al Cassero insieme al primo nucleo della Pinacoteca; entrambe le raccolte vennero trasferite nell’ex Convento dei Filippini nel 1866. Una prima sistemazione fu data tra il 1873 e il 1913 sotto la direzione dell’archeologo Antonio Salinas che accrebbe notevolmente il materiale raccolto attraverso gli scavi in corso all’epoca in tutta l’Isola. L’organizzazione sistematica del Museo avvenne nel 1950, quando si trovò in Palazzo Abatellis la giusta collocazione della Pinacoteca. I reperti archeologici sono sistemati nei locali al piano terra, attorno ai due chioschi, e nelle sale dei due piani superiori ed illustrano la civiltà antica della Sicilia, dall’epoca preistorica all’età romana. Tra i numerosi reperti, di notevole interesse sono: la preziosa “Pietra di Palermo”, iscrizione geroglifica del 2900 a.C. ; le Metope provenienti dai templi di Selinunte; grondaie a teste leonine; reperti della civiltà etrusca provenienti da Chiusi; l’Ariete, statua in bronzo del III secolo a.C.; il gruppo bronzeo di “Ercole che abbatte un cervo”, opera romana proveniente da Pompei.
Il Museo delle maioliche “Stanze al Genio” ha la sua sede in una “Casa Museo” ubicata in una parte del piano nobile di Palazzo Torre Pirajno (XVI secolo) nel quartiere storico della Kalsa. Il piano nobile è stato interamente ristrutturato, tale intervento ha permesso di recuperare i decori originali, celati da strati di intonaco, e buone parte delle pavimentazioni originarie. Il progetto inerente il Museo è totalmente autofinanziato e non beneficia di alcun contributo pubblico o privato. Il Museo è aperto tutto l’anno ed è sempre visitabile su prenotazione. Il percorso espositivo si effettua mediante visite guidate. La collezione principale è costituita da oltre 4900 esemplari di mattonelle in maiolica italiane. Tutte le mattonelle in maiolica esposte sono state realizzate in un periodo compreso tra il XV ed il XIX secolo e sono esposte su 8 sale in base all’epoca ed alla provenienza geografica. All’interno sono presenti altre piccole collezioni vintage inerenti la cancelleria d’epoca, scatole di latta e vecchi giocattoli e opere di ceramica contemporanea.
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Rooms at the Museum of majolica Genius
11 Via Giuseppe Garibaldi
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Il Museo delle maioliche “Stanze al Genio” ha la sua sede in una “Casa Museo” ubicata in una parte del piano nobile di Palazzo Torre Pirajno (XVI secolo) nel quartiere storico della Kalsa. Il piano nobile è stato interamente ristrutturato, tale intervento ha permesso di recuperare i decori originali, celati da strati di intonaco, e buone parte delle pavimentazioni originarie. Il progetto inerente il Museo è totalmente autofinanziato e non beneficia di alcun contributo pubblico o privato. Il Museo è aperto tutto l’anno ed è sempre visitabile su prenotazione. Il percorso espositivo si effettua mediante visite guidate. La collezione principale è costituita da oltre 4900 esemplari di mattonelle in maiolica italiane. Tutte le mattonelle in maiolica esposte sono state realizzate in un periodo compreso tra il XV ed il XIX secolo e sono esposte su 8 sale in base all’epoca ed alla provenienza geografica. All’interno sono presenti altre piccole collezioni vintage inerenti la cancelleria d’epoca, scatole di latta e vecchi giocattoli e opere di ceramica contemporanea.
Istituito nel 1975 dall'Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, fondata da Antonio Pasqualino (1932-1995), medico chirurgo ma anche insigne antropologo e cultore della storia e delle tradizioni popolari della sua terra natale, la Sicilia. Pasqualino dedicò la sua attività di ricerca ad una forma teatrale che, nella seconda metà del Novecento, sembrava oramai avviata verso un progressivo e inarrestabile declino: l'Opera dei Pupi, che narrava, da secoli, delle Crociate e dei Paladini di Francia, dei quali avevano scritto, fra gli altri, maestri della Letteratura Italiana, come Ariosto, Boiardo e Tasso. Fin dalla fondazione del museo si è riferito costantemente ai criteri della museografia contemporanea per essere non tempio di un sapere per pochi, ma luogo di comunicazione per una diffusa fruizione. Quindi, alle tradizionali attività museografiche sono stati affiancati spettacoli dal vivo. La prima raccolta di marionette attorno alla quale si andò costituendo il Museo, fu una collezione di pupi siciliani. Visto il grande interesse suscitato con l’inaugurazione del Museo, questo portò alla volontà di ingrandire la collezione esistente con l’acquisto di collezioni riguardanti le tradizioni extraeuropee. Il museo si trova all'interno dell'ex Hotel de France, un edificio di grande interesse architettonico e storico, nel centro antico di Palermo, a pochi passi dalla monumentale piazza Marina. Il Museo si sviluppa su tre livelli, e accoglie al suo interno numerosi spazi espositivi, un book-shop, una biblioteca, una videoteca, una nastroteca e una sala capace di ospitare una cospicua programmazione teatrale. Oggi, il museo ospita una collezione di 3500 pezzi provenienti da tutto il mondo; l’annessa biblioteca Giuseppe Leggio possiede circa 3000 volumi sul teatro di figura e sulle tradizioni popolari. Tra le varie iniziative promosse, particolare attenzione viene data, da un lato all’attività teatrale volta sia alla produzione di spettacoli innovativi che alla promozione dello spettacolo tradizionale dell’opera dei pupi, e dall’altro alla didattica: visite guidate con proiezioni video, seminari teorico-pratici sulle varie tradizioni del teatro di animazione, dimostrazioni di tecniche di manovra vengono organizzati sia per le scolaresche che per gli insegnanti e gli operatori scolastici. Dal 1985, il Museo organizza un’importante rassegna teatrale, che ha assunto, nel tempo, una valenza internazionale, il Festival di Morgana.
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Internationales Puppenmuseum Antonio Pasqualino
5 P.za Antonio Pasqualino
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Istituito nel 1975 dall'Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, fondata da Antonio Pasqualino (1932-1995), medico chirurgo ma anche insigne antropologo e cultore della storia e delle tradizioni popolari della sua terra natale, la Sicilia. Pasqualino dedicò la sua attività di ricerca ad una forma teatrale che, nella seconda metà del Novecento, sembrava oramai avviata verso un progressivo e inarrestabile declino: l'Opera dei Pupi, che narrava, da secoli, delle Crociate e dei Paladini di Francia, dei quali avevano scritto, fra gli altri, maestri della Letteratura Italiana, come Ariosto, Boiardo e Tasso. Fin dalla fondazione del museo si è riferito costantemente ai criteri della museografia contemporanea per essere non tempio di un sapere per pochi, ma luogo di comunicazione per una diffusa fruizione. Quindi, alle tradizionali attività museografiche sono stati affiancati spettacoli dal vivo. La prima raccolta di marionette attorno alla quale si andò costituendo il Museo, fu una collezione di pupi siciliani. Visto il grande interesse suscitato con l’inaugurazione del Museo, questo portò alla volontà di ingrandire la collezione esistente con l’acquisto di collezioni riguardanti le tradizioni extraeuropee. Il museo si trova all'interno dell'ex Hotel de France, un edificio di grande interesse architettonico e storico, nel centro antico di Palermo, a pochi passi dalla monumentale piazza Marina. Il Museo si sviluppa su tre livelli, e accoglie al suo interno numerosi spazi espositivi, un book-shop, una biblioteca, una videoteca, una nastroteca e una sala capace di ospitare una cospicua programmazione teatrale. Oggi, il museo ospita una collezione di 3500 pezzi provenienti da tutto il mondo; l’annessa biblioteca Giuseppe Leggio possiede circa 3000 volumi sul teatro di figura e sulle tradizioni popolari. Tra le varie iniziative promosse, particolare attenzione viene data, da un lato all’attività teatrale volta sia alla produzione di spettacoli innovativi che alla promozione dello spettacolo tradizionale dell’opera dei pupi, e dall’altro alla didattica: visite guidate con proiezioni video, seminari teorico-pratici sulle varie tradizioni del teatro di animazione, dimostrazioni di tecniche di manovra vengono organizzati sia per le scolaresche che per gli insegnanti e gli operatori scolastici. Dal 1985, il Museo organizza un’importante rassegna teatrale, che ha assunto, nel tempo, una valenza internazionale, il Festival di Morgana.
Venne fondato nel 1909 da Giuseppe Pitrè, folclorista e studioso di costumi e tradizioni popolari, che, in molti anni di appassionata ricerca, raccolse quel materiale che oggi costituisce il nucleo centrale del Museo. Inizialmente sistemato in un ex convento del centro storico di Palermo, dal 1934 fu trasferito nella dèpendance della Palazzina Cinese. Il Museo conserva circa 4000 oggetti, tra costumi, pupi, carretti, presepi, ceramiche, stampe popolari religiose, ex voto, pitture su vetro, che testimoniano la vita e la cultura popolare della Sicilia. Gli oggetti che compongono la ricca collezione sono ordinati nei locali destinati in origine alla servitù della Palazzina Cinese, distribuiti attorno ad un cortile a croce. Di notevole interesse è la “sala delle carrozze” dove si possono ammirare due splendide carrozze appartenute al Senato palermitano; la “sala Restivo” che ospita carretti siciliani e la sala dedicata ad antichi presepi; raccolta di alcuni archetipi di costruzioni, che illustrano, attraverso le varie dominazioni cui è stata sottoposta la Sicilia, l'evolversi delle abitazioni, dal pagliaio alla dimora recente etc. A sinistra dell’ingresso del Museo è posta la Cappella realizzata intorno al 1804, di perimetro quadrato all'esterno, mentre l'interno è a pianta circolare con fascia anulare, presenta otto colonne con nicchie e passetti e cupola. Tramite una galleria si entra al piano superiore dove la famiglia reale poteva assistere al rito religioso.
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Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitre
1 Viale Duca degli Abruzzi
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Venne fondato nel 1909 da Giuseppe Pitrè, folclorista e studioso di costumi e tradizioni popolari, che, in molti anni di appassionata ricerca, raccolse quel materiale che oggi costituisce il nucleo centrale del Museo. Inizialmente sistemato in un ex convento del centro storico di Palermo, dal 1934 fu trasferito nella dèpendance della Palazzina Cinese. Il Museo conserva circa 4000 oggetti, tra costumi, pupi, carretti, presepi, ceramiche, stampe popolari religiose, ex voto, pitture su vetro, che testimoniano la vita e la cultura popolare della Sicilia. Gli oggetti che compongono la ricca collezione sono ordinati nei locali destinati in origine alla servitù della Palazzina Cinese, distribuiti attorno ad un cortile a croce. Di notevole interesse è la “sala delle carrozze” dove si possono ammirare due splendide carrozze appartenute al Senato palermitano; la “sala Restivo” che ospita carretti siciliani e la sala dedicata ad antichi presepi; raccolta di alcuni archetipi di costruzioni, che illustrano, attraverso le varie dominazioni cui è stata sottoposta la Sicilia, l'evolversi delle abitazioni, dal pagliaio alla dimora recente etc. A sinistra dell’ingresso del Museo è posta la Cappella realizzata intorno al 1804, di perimetro quadrato all'esterno, mentre l'interno è a pianta circolare con fascia anulare, presenta otto colonne con nicchie e passetti e cupola. Tramite una galleria si entra al piano superiore dove la famiglia reale poteva assistere al rito religioso.
Il Museo di Zoologia “Pietro Doderlein”, oggi afferente al Sistema Museale d’Ateneo (SIMUA) dell’Università degli Studi di Palermo, è stato istituito nel Gennaio 1863, periodo nel quale viene conferita la cattedra di Zoologia e Anatomia Comparata al Professore Pietro Doderlein, fondatore del Museo. Da allora, nel corso dei successivi trent'anni, Doderlein sfrutta le sue competenze di anatomista per creare una delle più grandi collezioni della fauna ittica mediterranea, di circa 1100 esemplari di pesci preparati a secco o conservati in liquido, insieme alle collezioni degli altri gruppi di Vertebrati. La collezione erpetologica comprende circa 1000 esemplari, la collezione teriologica, circa 200, la collezione ornitologica oltre 1700. Le collezioni presenti nel Museo, oltre ad avere un alto valore storico, offrono ancora oggi un bagaglio culturale per lo studio della Zoologia e dell’Anatomia Comparata, e rappresentano uno strumento per la didattica universitaria degli insegnamenti dei corsi di laurea a indirizzo scientifico. In particolare, la grande collezione di apparati anatomici, più di 1000 parti ossee e anatomiche di pesci, uccelli e mammiferi, risalente al periodo della direzione Doderlein, il quale utilizzò particolari tecniche di preparazione che hanno permesso di mantenere il materiale in un buono stato di conservazione fino ai giorni nostri. L’eredità di Doderlein consiste anche in animali, conservati in liquido; ricca è la collezione degli Invertebrati marini. Il museo, importante punto di riferimento della cultura scientifica e della ricerca internazionale, per la sua particolare strutturazione regala ai visitatori la stessa atmosfera in cui operavano gli studiosi di Zoologia nella seconda metà dell’Ottocento.
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Museo Di Zoologia P. Doderlein
16 Via Archirafi
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Il Museo di Zoologia “Pietro Doderlein”, oggi afferente al Sistema Museale d’Ateneo (SIMUA) dell’Università degli Studi di Palermo, è stato istituito nel Gennaio 1863, periodo nel quale viene conferita la cattedra di Zoologia e Anatomia Comparata al Professore Pietro Doderlein, fondatore del Museo. Da allora, nel corso dei successivi trent'anni, Doderlein sfrutta le sue competenze di anatomista per creare una delle più grandi collezioni della fauna ittica mediterranea, di circa 1100 esemplari di pesci preparati a secco o conservati in liquido, insieme alle collezioni degli altri gruppi di Vertebrati. La collezione erpetologica comprende circa 1000 esemplari, la collezione teriologica, circa 200, la collezione ornitologica oltre 1700. Le collezioni presenti nel Museo, oltre ad avere un alto valore storico, offrono ancora oggi un bagaglio culturale per lo studio della Zoologia e dell’Anatomia Comparata, e rappresentano uno strumento per la didattica universitaria degli insegnamenti dei corsi di laurea a indirizzo scientifico. In particolare, la grande collezione di apparati anatomici, più di 1000 parti ossee e anatomiche di pesci, uccelli e mammiferi, risalente al periodo della direzione Doderlein, il quale utilizzò particolari tecniche di preparazione che hanno permesso di mantenere il materiale in un buono stato di conservazione fino ai giorni nostri. L’eredità di Doderlein consiste anche in animali, conservati in liquido; ricca è la collezione degli Invertebrati marini. Il museo, importante punto di riferimento della cultura scientifica e della ricerca internazionale, per la sua particolare strutturazione regala ai visitatori la stessa atmosfera in cui operavano gli studiosi di Zoologia nella seconda metà dell’Ottocento.
L’area su cui sorse il palazzo era occupata fin dal XVI secolo da palazzo Afflitto, il quale fu acquistato da Giuseppe Emanuele Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte, che lo fece riedificare completamente da Giuseppe Venanzio Marvuglia a partire dal 1780. Passato ai principi di Pandolfina e nel 1841 a Giovanni Riso, divenne nel 1935 “Casa del Fascio”; centrato dai bombardamenti del 1943 fu abbandonato ai vandali che asportarono quanto non distrutto dalle bombe. Il prospetto è l’unica struttura rimasta integra ed è caratterizzato dalla presenza di lesene ornate da capitelli; da un portale d’ingresso affiancato da colonne e da una lunga balconata, corrispondente al piano nobile. Dopo un attento restauro, dal 2005 è divenuto sede del Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia; il cui percorso espositivo, curato da Francesco Andolina, parte da una prima tranche di opere che coprono circa sessant'anni di storia, dai siciliani Carla Accardi, Pietro Consagra, Salvo, Antonio Sanfilippo ed Emilio Isgro', fino a Croce Taravella, Alessandro Bazan, Laboratorio Saccardi, con un'incursione autorizzata di chi ha lavorato in Sicilia, Jannis Kounellis, Richard Long, Christian Boltanski. Oltre alla colleazione permanente, il museo ospita, anche delle mostre temporanee.
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Museum Palazzo Riso
365 Via Vittorio Emanuele
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L’area su cui sorse il palazzo era occupata fin dal XVI secolo da palazzo Afflitto, il quale fu acquistato da Giuseppe Emanuele Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte, che lo fece riedificare completamente da Giuseppe Venanzio Marvuglia a partire dal 1780. Passato ai principi di Pandolfina e nel 1841 a Giovanni Riso, divenne nel 1935 “Casa del Fascio”; centrato dai bombardamenti del 1943 fu abbandonato ai vandali che asportarono quanto non distrutto dalle bombe. Il prospetto è l’unica struttura rimasta integra ed è caratterizzato dalla presenza di lesene ornate da capitelli; da un portale d’ingresso affiancato da colonne e da una lunga balconata, corrispondente al piano nobile. Dopo un attento restauro, dal 2005 è divenuto sede del Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia; il cui percorso espositivo, curato da Francesco Andolina, parte da una prima tranche di opere che coprono circa sessant'anni di storia, dai siciliani Carla Accardi, Pietro Consagra, Salvo, Antonio Sanfilippo ed Emilio Isgro', fino a Croce Taravella, Alessandro Bazan, Laboratorio Saccardi, con un'incursione autorizzata di chi ha lavorato in Sicilia, Jannis Kounellis, Richard Long, Christian Boltanski. Oltre alla colleazione permanente, il museo ospita, anche delle mostre temporanee.
Fondato nel 1733, sotto il regno di Carlo III di Borbone, con lo scopo di accogliere i poveri inabili, storpi e le giovani vagabonde ed orfane. Progettato dall'architetto Orazio Furetto, i lavori iniziarono nel 1746 e solo nel 1772 fu completato dagli architetti Venanzio Marvuglia e Nicolo Di Puglia. In occasione dell'inaugurazione, avvenuta l’8 agosto del 1772. tutti i nobili, il clero, le autorità, in processione accompagnarono nell'edificio, un gruppo di derelitti, poveri, anziani, donne e bambini per dimostrare la grande generosità del Re e dei nobili. Nel progetto iniziale l'edificio rispecchiava lo stile architettonico del tardo Barocco, ma dato che i lavori si protrassero per molti anni, lo stile Barocco subì l'influenza dello stile Neoclassico che, nel frattempo, era arrivato a Palermo, anche la Chiesa, posta al centro dell'edificio, che doveva essere a pianto ottagonale, fu trasformata in pianta rettangolare e risentì, sia all'esterno che all'interno, dello stile Neoclassico che presenta linee più sobrie e ornamenti più semplici. Anche il maestoso prospetto dell'edificio è la sintesi dei due stili che in Sicilia si fusero e si trasformarono, grazie alla fantasia e alla personalità di architetti e maestranze molto vivaci e originali. Nell'edificio furono impiantate fabbriche e laboratori di seta e pasta, che diedero lavoro ai giovani ricoverati ridando ad essi quella dignità e quel benessere che solo il lavoro può dare; in particolare l'albergo diventò una fucina di lavoro e di accoglienza per i più diseredati della città, quando fu diretto dal Principe Palagonia che introdusse altre fabbriche, un panificio ed un mulino, organizzò un gruppo di suore per l'assistenza agli infermi e trasformò l'edificio in un centro vitale di accoglienza e recupero delle donne e dei fanciulli sfortunati della Palermo dei primi dell'800. Oggi una parte dell'edificio ospita ancora anziane povere amorevolmente assistite dalle Suore della Carità. Un'altra parte è adibita a mostre e saloni di rappresentanza mentre un'altra parte è proprietà della Sovraintendenza ai Beni Culturali.
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Real Albergo dei Poveri (Albergo delle povere)
217 Corso Calatafimi
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Fondato nel 1733, sotto il regno di Carlo III di Borbone, con lo scopo di accogliere i poveri inabili, storpi e le giovani vagabonde ed orfane. Progettato dall'architetto Orazio Furetto, i lavori iniziarono nel 1746 e solo nel 1772 fu completato dagli architetti Venanzio Marvuglia e Nicolo Di Puglia. In occasione dell'inaugurazione, avvenuta l’8 agosto del 1772. tutti i nobili, il clero, le autorità, in processione accompagnarono nell'edificio, un gruppo di derelitti, poveri, anziani, donne e bambini per dimostrare la grande generosità del Re e dei nobili. Nel progetto iniziale l'edificio rispecchiava lo stile architettonico del tardo Barocco, ma dato che i lavori si protrassero per molti anni, lo stile Barocco subì l'influenza dello stile Neoclassico che, nel frattempo, era arrivato a Palermo, anche la Chiesa, posta al centro dell'edificio, che doveva essere a pianto ottagonale, fu trasformata in pianta rettangolare e risentì, sia all'esterno che all'interno, dello stile Neoclassico che presenta linee più sobrie e ornamenti più semplici. Anche il maestoso prospetto dell'edificio è la sintesi dei due stili che in Sicilia si fusero e si trasformarono, grazie alla fantasia e alla personalità di architetti e maestranze molto vivaci e originali. Nell'edificio furono impiantate fabbriche e laboratori di seta e pasta, che diedero lavoro ai giovani ricoverati ridando ad essi quella dignità e quel benessere che solo il lavoro può dare; in particolare l'albergo diventò una fucina di lavoro e di accoglienza per i più diseredati della città, quando fu diretto dal Principe Palagonia che introdusse altre fabbriche, un panificio ed un mulino, organizzò un gruppo di suore per l'assistenza agli infermi e trasformò l'edificio in un centro vitale di accoglienza e recupero delle donne e dei fanciulli sfortunati della Palermo dei primi dell'800. Oggi una parte dell'edificio ospita ancora anziane povere amorevolmente assistite dalle Suore della Carità. Un'altra parte è adibita a mostre e saloni di rappresentanza mentre un'altra parte è proprietà della Sovraintendenza ai Beni Culturali.
L’Ex deposito delle locomotive di S. Erasmo fu inaugurato nel 1886 ed è costituito da un elegante padiglione con una particolarissima e preziosa struttura in ghisa coperta da un tetto a quattro falde con lucernai. La superficie complessiva è di 1400 mq coperti più spazi esterni che si affacciano sulla foce del Fiume Oreto e sul mare. L’ex deposito locomotive appartiene ed è stato restaurato dal Comune di Palermo nel 2004. Dal 2014, l’ex deposito è sede dell’Ecomuseo, il quale racconta Storie di mare, città e comunità e ha disposizione spazi interni ed esterni per laboratori, incontri e conferenze. Lo spazio è gestito dal Comune, attraverso un organo di coordinamento di cui fa parte anche l’associazione CLAC che rimane responsabile dell’allestimento e delle visite guidate. Negli spazi del museo sono presenti diverse installazioni video, audio, fotografiche, sonore, accompagnate da testi e parole raccontano al visitatore “il patto” ancora possibile tra i palermitani e il proprio mare. E’ un racconto corale fatto da decine e decine di testimonianze, storie biografiche, pezzi di storia della città, storie dei luoghi.
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Ecomuseo Mare Memoria Viva
14 Via Messina Marine
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L’Ex deposito delle locomotive di S. Erasmo fu inaugurato nel 1886 ed è costituito da un elegante padiglione con una particolarissima e preziosa struttura in ghisa coperta da un tetto a quattro falde con lucernai. La superficie complessiva è di 1400 mq coperti più spazi esterni che si affacciano sulla foce del Fiume Oreto e sul mare. L’ex deposito locomotive appartiene ed è stato restaurato dal Comune di Palermo nel 2004. Dal 2014, l’ex deposito è sede dell’Ecomuseo, il quale racconta Storie di mare, città e comunità e ha disposizione spazi interni ed esterni per laboratori, incontri e conferenze. Lo spazio è gestito dal Comune, attraverso un organo di coordinamento di cui fa parte anche l’associazione CLAC che rimane responsabile dell’allestimento e delle visite guidate. Negli spazi del museo sono presenti diverse installazioni video, audio, fotografiche, sonore, accompagnate da testi e parole raccontano al visitatore “il patto” ancora possibile tra i palermitani e il proprio mare. E’ un racconto corale fatto da decine e decine di testimonianze, storie biografiche, pezzi di storia della città, storie dei luoghi.
Le ex Officine Ducrot si trovano alle spalle del Castello della Zisa, e contengono ventitre capannoni: esempi interessantissimi di archeologia industriale, con una naturale vocazione a diventare una straordinaria cittadella della cultura, sull’esempio di analoghi luoghi di lavoro obsoleti. Qui furono realizzati i mobili liberty tra i più belli d’Europa, disegnati da Ernesto Basile, come gli arredi di Montecitorio e delle grandi navi da crociera dei Florio. Negli anni '90 dall'amministrazione "Orlando" sono stati recuperati e ristrutturati tutti gli spazi a centri di cultura, espositivi e teatrali. Oggi quest'area è utilizzata come spazio espositivo per eventi teatrali, musicali e iniziative culturali di ogni genere. L'area attualmente ospita la sede del "Centre Culturel Francais de Palerme et de Sicile", il centro culturale tedesco Goethe-Institut, l'Istituto Gramsci Siciliano (con la relativa biblioteca) e la sede palermitana della Scuola Nazionale di Cinema appartenente al Centro Sperimentale di Cinematografia.Dal 2012 è sede anche di ZAC_ Zisa Zona Arti Contemporanee, nonché del cinema De Seta, cinema pubblico intitolato a Vittorio De Seta, illustre regista italiano, nato a Palermo. La Zisa Zona Arti Contemporanee, padiglione dei Cantieri Culturali alla Zisa concepito molti anni fa come sede del Museo d'Arte Contemporanea della Città di Palermo, apre con una idea/progetto più aderente al momento storico attuale della cultura nel Paese: non un Museo tradizionale ma un luogo dai confini aperti e costantemente in definizione, una Zona appunto, com'è il territorio stesso della creatività attuale con l'ambizione di divenire il centro di produzione culturale della Città di Palermo per le arti contemporanee. Nello specifico, i servizi e le attività culturali all'interno dei Cantieri Culturali alla Zisa sono: Cinema De Seta (Cinema pubblico di Palermo) Cre.Zi. Plus (Community Hub per abilitare creatività) Ditirammu Lab (officine gioco/mestiere delle arti teatrali) Arci Tavola Tonda (Scuola di musica e danza popolare) Spazio Marceau (Spazio per la danza) Spazio Franco (Spazio per la creazione artistica contemporanea) Spazio Mediterraneo (Hub di Legambiente Sicilia sulle tematiche ambientali) ZAC Centro Internazionale di Fotografia Comunità Ellenica Trinacria (Centro di cultura greca) Goethe Institut (Centro di cultura tedesca) Institut Francais (Centro di cultura francese) Accademia di Belle Arti di Palermo Huns der Kunst (Spazio che promuove lo scambio artistico tra le citta' di Düsseldorf e Palermo) Istituto Gramsci Siciliano Skenè (Spazio lettura e laboratori per lo sviluppo della creatività nei bambini)
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Cultural Shipyards of Zisa
4 Via Paolo Gili
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Le ex Officine Ducrot si trovano alle spalle del Castello della Zisa, e contengono ventitre capannoni: esempi interessantissimi di archeologia industriale, con una naturale vocazione a diventare una straordinaria cittadella della cultura, sull’esempio di analoghi luoghi di lavoro obsoleti. Qui furono realizzati i mobili liberty tra i più belli d’Europa, disegnati da Ernesto Basile, come gli arredi di Montecitorio e delle grandi navi da crociera dei Florio. Negli anni '90 dall'amministrazione "Orlando" sono stati recuperati e ristrutturati tutti gli spazi a centri di cultura, espositivi e teatrali. Oggi quest'area è utilizzata come spazio espositivo per eventi teatrali, musicali e iniziative culturali di ogni genere. L'area attualmente ospita la sede del "Centre Culturel Francais de Palerme et de Sicile", il centro culturale tedesco Goethe-Institut, l'Istituto Gramsci Siciliano (con la relativa biblioteca) e la sede palermitana della Scuola Nazionale di Cinema appartenente al Centro Sperimentale di Cinematografia.Dal 2012 è sede anche di ZAC_ Zisa Zona Arti Contemporanee, nonché del cinema De Seta, cinema pubblico intitolato a Vittorio De Seta, illustre regista italiano, nato a Palermo. La Zisa Zona Arti Contemporanee, padiglione dei Cantieri Culturali alla Zisa concepito molti anni fa come sede del Museo d'Arte Contemporanea della Città di Palermo, apre con una idea/progetto più aderente al momento storico attuale della cultura nel Paese: non un Museo tradizionale ma un luogo dai confini aperti e costantemente in definizione, una Zona appunto, com'è il territorio stesso della creatività attuale con l'ambizione di divenire il centro di produzione culturale della Città di Palermo per le arti contemporanee. Nello specifico, i servizi e le attività culturali all'interno dei Cantieri Culturali alla Zisa sono: Cinema De Seta (Cinema pubblico di Palermo) Cre.Zi. Plus (Community Hub per abilitare creatività) Ditirammu Lab (officine gioco/mestiere delle arti teatrali) Arci Tavola Tonda (Scuola di musica e danza popolare) Spazio Marceau (Spazio per la danza) Spazio Franco (Spazio per la creazione artistica contemporanea) Spazio Mediterraneo (Hub di Legambiente Sicilia sulle tematiche ambientali) ZAC Centro Internazionale di Fotografia Comunità Ellenica Trinacria (Centro di cultura greca) Goethe Institut (Centro di cultura tedesca) Institut Francais (Centro di cultura francese) Accademia di Belle Arti di Palermo Huns der Kunst (Spazio che promuove lo scambio artistico tra le citta' di Düsseldorf e Palermo) Istituto Gramsci Siciliano Skenè (Spazio lettura e laboratori per lo sviluppo della creatività nei bambini)
La Camera delle meraviglie di Palermo è una camera delle meraviglie facente parte di un appartamento della via Porta di Castro nel quartiere dell'Albergheria, nei pressi del mercato di Ballarò e nell'area dell'antico letto del fiume Kemonia. La sua scoperta risale al 2003, quando in una stanza dell'appartamento dei coniugi Giuseppe Cadili e Valeria Giarrusso venne casualmente alla luce parte di una decorazione con motivi arabi. Durante i lavori di restauro apparvero anche delle iscrizioni calligrafiche di colore oro e argento su fondo di colore blu, celate sotto quattro strati di calce e vernici. Inoltre, il restauratore Franco Fazzio si accorse che anche le porte erano dipinte in blu. Per stabilirlo con certezza, Giuseppe Salerno, radiologo dell'UNESCO, effettuò una TAC su una delle porte, trovando, sotto vari strati di vernice, un disegno diverso e più complesso. Da un'altra indagine condotta da Francesca Alberghina e Salvo Schiavone di S.T.Art-Test utilizzando una tecnica d'avanguardia a raggi X, la fluorescenza X, è emerso che la stanza sarebbe stata decorata nella seconda metà dell’Ottocento.
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Camera delle Meraviglie
239 Via Porta di Castro
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La Camera delle meraviglie di Palermo è una camera delle meraviglie facente parte di un appartamento della via Porta di Castro nel quartiere dell'Albergheria, nei pressi del mercato di Ballarò e nell'area dell'antico letto del fiume Kemonia. La sua scoperta risale al 2003, quando in una stanza dell'appartamento dei coniugi Giuseppe Cadili e Valeria Giarrusso venne casualmente alla luce parte di una decorazione con motivi arabi. Durante i lavori di restauro apparvero anche delle iscrizioni calligrafiche di colore oro e argento su fondo di colore blu, celate sotto quattro strati di calce e vernici. Inoltre, il restauratore Franco Fazzio si accorse che anche le porte erano dipinte in blu. Per stabilirlo con certezza, Giuseppe Salerno, radiologo dell'UNESCO, effettuò una TAC su una delle porte, trovando, sotto vari strati di vernice, un disegno diverso e più complesso. Da un'altra indagine condotta da Francesca Alberghina e Salvo Schiavone di S.T.Art-Test utilizzando una tecnica d'avanguardia a raggi X, la fluorescenza X, è emerso che la stanza sarebbe stata decorata nella seconda metà dell’Ottocento.
La chiesa, caratterizzata all'esterno dalle cupole di colore rosso, appoggiata con un fianco ad un corpo quadrato anteriore, è realizzata a croce latina divisa in campate quadrate su ciascuna delle quali poggia una semisfera. Il presbiterio, terminante in nicchia, è sormontato da una cupola, come quella dei due corpi quadrangolari che la fiancheggiano e di cui quello di sinistra si eleva a campanile. Il chiostro, abbellito da un lussureggiante giardino, è la parte meglio conservata del primitivo monastero; spiccano per bellezza e leggerezza le colonnine binate con capitelli a foglie d'acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera. Vi si trova inoltre una cisterna araba. Oggi l'edificio presenta una nuda cortina muraria fatta con conci di tufo squadrati; l'interno ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si raccordano alle pareti tramite nicchie.
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San Giovanni degli Eremiti
16 Via dei Benedettini
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La chiesa, caratterizzata all'esterno dalle cupole di colore rosso, appoggiata con un fianco ad un corpo quadrato anteriore, è realizzata a croce latina divisa in campate quadrate su ciascuna delle quali poggia una semisfera. Il presbiterio, terminante in nicchia, è sormontato da una cupola, come quella dei due corpi quadrangolari che la fiancheggiano e di cui quello di sinistra si eleva a campanile. Il chiostro, abbellito da un lussureggiante giardino, è la parte meglio conservata del primitivo monastero; spiccano per bellezza e leggerezza le colonnine binate con capitelli a foglie d'acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera. Vi si trova inoltre una cisterna araba. Oggi l'edificio presenta una nuda cortina muraria fatta con conci di tufo squadrati; l'interno ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si raccordano alle pareti tramite nicchie.
La chiesa di San Giuseppe dei Padri Teatini è un edificio di culto situato nel centro storico di Palermo. Il monumento occupa l'area delimitata a nord dalla strada del Cassaro (odierno Corso Vittorio Emanuele), a oriente delimitata da Via Maqueda si affaccia su piazza Pretoria, a mezzogiorno è divisa da Vicolo D'Alessi dalla Casa dei Teatini, dal Convento dei Teatini e dall'Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami. Costituisce il vertice del mandamento Palazzo Reale o Albergaria, ingloba la facciata sud di Piazza Vigliena o dei Quattro Canti.
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Church of Saint Joseph of the Theatine Fathers
SNC Via Vittorio Emanuele
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La chiesa di San Giuseppe dei Padri Teatini è un edificio di culto situato nel centro storico di Palermo. Il monumento occupa l'area delimitata a nord dalla strada del Cassaro (odierno Corso Vittorio Emanuele), a oriente delimitata da Via Maqueda si affaccia su piazza Pretoria, a mezzogiorno è divisa da Vicolo D'Alessi dalla Casa dei Teatini, dal Convento dei Teatini e dall'Oratorio di San Giuseppe dei Falegnami. Costituisce il vertice del mandamento Palazzo Reale o Albergaria, ingloba la facciata sud di Piazza Vigliena o dei Quattro Canti.
Il Palazzo dei Normanni, noto anche come Palazzo Reale,[1][2][3] si trova a Palermo ed è attualmente sede dell'Assemblea regionale siciliana. Il palazzo è la più antica residenza reale d'Europa, dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale con Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Al primo piano del palazzo sorge la Cappella Palatina. L'ala ovest è assegnata all'Esercito italiano. È uno dei monumenti più visitati nell'isola[4]. I servizi aggiuntivi turistici sono curati dalla Fondazione Federico II; l'ingresso principale è su piazza del Parlamento, quello turistico e quello carraio sono su piazza Indipendenza. Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell'umanità (Unesco) nell'ambito del sito seriale "Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale". L'attuale palazzo ingloba nelle fondamenta stratificazioni dei primi insediamenti fortificati d'origine fenicio - punica databili fra l'VIII e il V secolo a.C., le cui tracce riemergono nelle campagne di studi nelle segrete e nei sotterranei. Queste fortificazioni costituivano il nucleo sociale e politico dei primitivi insediamenti che formavano la paleopolis, aggregato contrapposto alla zona sacra, destinata al culto pagano e alle sepolture, ubicata qualche centinaio di metri più a NE a ridosso del fiume Papireto. Quest'ultima area, futura neapolis, è oggi identificabile col piano della cattedrale, il campanile ravvisabile nell'alta torre di avvistamento incastonata nella cinta muraria della cittadella fortificata, nonché da una fitta rete di ambienti ipogei costituita da grotte, catacombe, cripte, cuniculi e spelonche, ubicati nelle immediate adiacenze.
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Normannenpalast
1 Piazza del Parlamento
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Il Palazzo dei Normanni, noto anche come Palazzo Reale,[1][2][3] si trova a Palermo ed è attualmente sede dell'Assemblea regionale siciliana. Il palazzo è la più antica residenza reale d'Europa, dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale con Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Al primo piano del palazzo sorge la Cappella Palatina. L'ala ovest è assegnata all'Esercito italiano. È uno dei monumenti più visitati nell'isola[4]. I servizi aggiuntivi turistici sono curati dalla Fondazione Federico II; l'ingresso principale è su piazza del Parlamento, quello turistico e quello carraio sono su piazza Indipendenza. Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell'umanità (Unesco) nell'ambito del sito seriale "Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale". L'attuale palazzo ingloba nelle fondamenta stratificazioni dei primi insediamenti fortificati d'origine fenicio - punica databili fra l'VIII e il V secolo a.C., le cui tracce riemergono nelle campagne di studi nelle segrete e nei sotterranei. Queste fortificazioni costituivano il nucleo sociale e politico dei primitivi insediamenti che formavano la paleopolis, aggregato contrapposto alla zona sacra, destinata al culto pagano e alle sepolture, ubicata qualche centinaio di metri più a NE a ridosso del fiume Papireto. Quest'ultima area, futura neapolis, è oggi identificabile col piano della cattedrale, il campanile ravvisabile nell'alta torre di avvistamento incastonata nella cinta muraria della cittadella fortificata, nonché da una fitta rete di ambienti ipogei costituita da grotte, catacombe, cripte, cuniculi e spelonche, ubicati nelle immediate adiacenze.
La chiesa dello Spasimo si trova nel quartiere della Kalsa, una delle parti più antiche della città di Palermo. I lavori iniziarono nel 1509, approvati con bolla pontificia di Papa Giulio II. Concluse le attività riguardanti l'edificazione della chiesa, rimasero incomplete quelle del monastero, causa insufficienza dei fondi. Un'altra ben più temibile difficoltà gravò sul proseguimento dei lavori, infatti sotto la crescente minaccia dell'invasione turca, le continue rappresaglie di bande marinare pirate e corsare, alcuni anni più tardi si rese necessario il consolidamento dei sistemi difensivi della città. Nel 1518 l'imponente edificio, di grande importanza a quel tempo per l'intera comunità palermitana, sempre per volontà del promotore e patrocinatore si era arricchito, tra gli altri, di un capolavoro d'inestimabile valore denominato Andata al Calvario e universalmente conosciuto come Spasimo di Sicilia, nome che influenzerà il titolo e la denominazione della chiesa. L'opera di Raffaello Sanzio raffigura appunto lo sgomento di Maria dinanzi al Cristo caduto sotto il peso della croce. Furono costruite nuove cinte murarie in aggiunta alla primitive torri medievali e, attorno alla chiesa, nel 1537 fu scavato un fossato presso il monastero al punto di includere i loghi religiosi entro la cinta dei nuovi baluardi, mentre originariamente era posta al di fuori della cortina difensiva. I lavori fortemente voluti dall'imperatore Carlo V d'Asburgo, furono commissionati dal viceré di Sicilia Ferrante Gonzaga all'ingegnere militare Antonio Ferramolino nel 1536, e realizzati nei decenni successivi per essere continuati nel 1550 da Pedro de Pedro e completati nel 1572. Nel 1569, causa l'umidità e i crescenti vapori malsani, il Senato di Palermo acquistò il complesso, i monaci furono trasferiti nella chiesa di Santo Spirito dell'Ordine cistercense ricevendo a titolo di risarcimento la somma di 10 000 scudi, importo riconosciuto solo nel 1597, dopo l'intervento e l'emanazione della bolla pontificia di Papa Gregorio XII. Nel 1573 ha luogo il trasloco della congregazione, identica sorte seguiranno il dipinto e il monumentale aggregato marmoreo. Entrambi i capolavori saranno alloggiati nella Cappella del Santissimo Sacramento dopo l'iniziale ostensione del dipinto sull'altare maggiore della chiesa del Santo Spirito detta «del Vespro» in seguito al trasferimento processionale guidato dall'arcivescovo Giacomo Lomellino Del Canto. Nel 1582 la chiesa fu adibita a sede di spettacoli pubblici, una specie di primo esempio di "teatro stabile" in Italia, Marcantonio Colonna vi fece rappresentare l'Aminta di Torquato Tasso divenendo così il primo “teatro pubblico” della città; l'epidemia di peste del 1624 ne rese necessario l'utilizzo come lazzaretto per il ricovero degli ammalati. Terminata l'emergenza infettiva, gli ambienti furono adibiti a granaio e in seguito a magazzini. A metà del Settecento crollò la volta della navata centrale che non sarà mai più ricostruita.
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Santa Maria Dello Spasimo
15 Via Dello Spasimo
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La chiesa dello Spasimo si trova nel quartiere della Kalsa, una delle parti più antiche della città di Palermo. I lavori iniziarono nel 1509, approvati con bolla pontificia di Papa Giulio II. Concluse le attività riguardanti l'edificazione della chiesa, rimasero incomplete quelle del monastero, causa insufficienza dei fondi. Un'altra ben più temibile difficoltà gravò sul proseguimento dei lavori, infatti sotto la crescente minaccia dell'invasione turca, le continue rappresaglie di bande marinare pirate e corsare, alcuni anni più tardi si rese necessario il consolidamento dei sistemi difensivi della città. Nel 1518 l'imponente edificio, di grande importanza a quel tempo per l'intera comunità palermitana, sempre per volontà del promotore e patrocinatore si era arricchito, tra gli altri, di un capolavoro d'inestimabile valore denominato Andata al Calvario e universalmente conosciuto come Spasimo di Sicilia, nome che influenzerà il titolo e la denominazione della chiesa. L'opera di Raffaello Sanzio raffigura appunto lo sgomento di Maria dinanzi al Cristo caduto sotto il peso della croce. Furono costruite nuove cinte murarie in aggiunta alla primitive torri medievali e, attorno alla chiesa, nel 1537 fu scavato un fossato presso il monastero al punto di includere i loghi religiosi entro la cinta dei nuovi baluardi, mentre originariamente era posta al di fuori della cortina difensiva. I lavori fortemente voluti dall'imperatore Carlo V d'Asburgo, furono commissionati dal viceré di Sicilia Ferrante Gonzaga all'ingegnere militare Antonio Ferramolino nel 1536, e realizzati nei decenni successivi per essere continuati nel 1550 da Pedro de Pedro e completati nel 1572. Nel 1569, causa l'umidità e i crescenti vapori malsani, il Senato di Palermo acquistò il complesso, i monaci furono trasferiti nella chiesa di Santo Spirito dell'Ordine cistercense ricevendo a titolo di risarcimento la somma di 10 000 scudi, importo riconosciuto solo nel 1597, dopo l'intervento e l'emanazione della bolla pontificia di Papa Gregorio XII. Nel 1573 ha luogo il trasloco della congregazione, identica sorte seguiranno il dipinto e il monumentale aggregato marmoreo. Entrambi i capolavori saranno alloggiati nella Cappella del Santissimo Sacramento dopo l'iniziale ostensione del dipinto sull'altare maggiore della chiesa del Santo Spirito detta «del Vespro» in seguito al trasferimento processionale guidato dall'arcivescovo Giacomo Lomellino Del Canto. Nel 1582 la chiesa fu adibita a sede di spettacoli pubblici, una specie di primo esempio di "teatro stabile" in Italia, Marcantonio Colonna vi fece rappresentare l'Aminta di Torquato Tasso divenendo così il primo “teatro pubblico” della città; l'epidemia di peste del 1624 ne rese necessario l'utilizzo come lazzaretto per il ricovero degli ammalati. Terminata l'emergenza infettiva, gli ambienti furono adibiti a granaio e in seguito a magazzini. A metà del Settecento crollò la volta della navata centrale che non sarà mai più ricostruita.
La fontana Pretoria fu realizzata nel 1554 da Francesco Camilliani a Firenze, ma nel 1581 venne trasferita in piazza Pretoria a Palermo. Spinto dai debiti ed in procinto di spostarsi a Napoli, don Luigi, grazie al fratello don García Álvarez, riuscì nel 1573 a vendere la fontana alla città di Palermo,[2] essendo pretore Giovanni Villaraut, barone di Prizzi, circostanza che vale l'appellativo di Fontana del Pretore.[9] Don Garçia, che era stato viceré di Sicilia, era in buoni rapporti con il Senato palermitano,[5] che decise di acquistare la fontana e di collocarla nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio.[10] Luis di Toledo, García Álvarez ed Eleonora di Toledo sono entrambi figli di Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli. Eleonora fu la prima moglie di Cosimo I de' Medici.[5] La fontana giunse a Palermo il 26 maggio 1574 smontata in 644 pezzi dei quali 112 imballati in 69 casse.[11] Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, furono demolite diverse abitazioni. La fontana tuttavia non arrivò completa e alcune sculture si erano rovinate durante il trasporto, mentre altre forse furono trattenute dal proprietario. Tra queste sono da considerare probabilmente le due Divinità nel Museo del Bargello a Firenze, e altre statue che vennero collocate nel giardino privato di don Luigi a Napoli (che alla sua morte furono portate nel giardino del Palazzo di Sotofermoso[12] di Abadía nella provincia di Cáceres, di proprietà della famiglia Toledo). A Palermo furono quindi necessari alcuni adattamenti nella ricomposizione dei pezzi e ne vennero aggiunti altri. La cura della ricomposizione e dell'adattamento della fontana fu affidata nel 1574 a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, che ultimò i suoi interventi nel 1581,[13] con l'aiuto di Michelangelo Naccherino.[2][14] Tra le aggiunte di quest'ultimo sono autografe la statua di un fiume e la figura di un tritone recante un braccialetto inciso, identificabili con la medesima dicitura Opus M. Angelus Nacherinis flor.[8] Per tutto il XVIII secolo e parte del XIX secolo fu considerata una sorta di rappresentazione della corrotta municipalità cittadina, che vide in quelle immagini il riflesso e i personaggi discutibili del tempo. Per la nudità delle statue, ma soprattutto anche per le spropositate somme pagate per acquistarla, al continuo lievitare dei costi e l'incremento continuo delle infinite spese accessorie, cifre ritenute "vergognose",[15] la piazza è stata soprannominata "piazza della Vergogna" dai palermitani. Nel novembre del 1998 fu intrapresa un'opera di restauro, che durò fino al novembre del 2003.[13] A dicembre dello stesso anno la fontana è stata riaperta e successivamente è stata riattivata la circolazione dell'acqua.
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Fontana Pretoria
Piazza Pretoria
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La fontana Pretoria fu realizzata nel 1554 da Francesco Camilliani a Firenze, ma nel 1581 venne trasferita in piazza Pretoria a Palermo. Spinto dai debiti ed in procinto di spostarsi a Napoli, don Luigi, grazie al fratello don García Álvarez, riuscì nel 1573 a vendere la fontana alla città di Palermo,[2] essendo pretore Giovanni Villaraut, barone di Prizzi, circostanza che vale l'appellativo di Fontana del Pretore.[9] Don Garçia, che era stato viceré di Sicilia, era in buoni rapporti con il Senato palermitano,[5] che decise di acquistare la fontana e di collocarla nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio.[10] Luis di Toledo, García Álvarez ed Eleonora di Toledo sono entrambi figli di Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli. Eleonora fu la prima moglie di Cosimo I de' Medici.[5] La fontana giunse a Palermo il 26 maggio 1574 smontata in 644 pezzi dei quali 112 imballati in 69 casse.[11] Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, furono demolite diverse abitazioni. La fontana tuttavia non arrivò completa e alcune sculture si erano rovinate durante il trasporto, mentre altre forse furono trattenute dal proprietario. Tra queste sono da considerare probabilmente le due Divinità nel Museo del Bargello a Firenze, e altre statue che vennero collocate nel giardino privato di don Luigi a Napoli (che alla sua morte furono portate nel giardino del Palazzo di Sotofermoso[12] di Abadía nella provincia di Cáceres, di proprietà della famiglia Toledo). A Palermo furono quindi necessari alcuni adattamenti nella ricomposizione dei pezzi e ne vennero aggiunti altri. La cura della ricomposizione e dell'adattamento della fontana fu affidata nel 1574 a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, che ultimò i suoi interventi nel 1581,[13] con l'aiuto di Michelangelo Naccherino.[2][14] Tra le aggiunte di quest'ultimo sono autografe la statua di un fiume e la figura di un tritone recante un braccialetto inciso, identificabili con la medesima dicitura Opus M. Angelus Nacherinis flor.[8] Per tutto il XVIII secolo e parte del XIX secolo fu considerata una sorta di rappresentazione della corrotta municipalità cittadina, che vide in quelle immagini il riflesso e i personaggi discutibili del tempo. Per la nudità delle statue, ma soprattutto anche per le spropositate somme pagate per acquistarla, al continuo lievitare dei costi e l'incremento continuo delle infinite spese accessorie, cifre ritenute "vergognose",[15] la piazza è stata soprannominata "piazza della Vergogna" dai palermitani. Nel novembre del 1998 fu intrapresa un'opera di restauro, che durò fino al novembre del 2003.[13] A dicembre dello stesso anno la fontana è stata riaperta e successivamente è stata riattivata la circolazione dell'acqua.
Palazzo Mirto è un palazzo storico di Palermo, oggi casa-museo. L'edificio è ubicato nel centro storico di Palermo, alla Kalsa, antica cittadella araba fortificata. È stato per quattro secoli dimora palermitana dei Filangeri, e poi dei Lanza Filangieri Principi di Mirto, da cui prende nome il palazzo. I Filangeri sono ricordati ancora oggi come la più importante famiglia normanna in Sicilia e nel Mezzogiorno d'Italia, dello stesso ceppo dei Sanseverino e dei Gravina, tutti discendenti da un capostipite comune, il leggendario cavaliere Angerio, delle stirpe dei Duchi di Normandia, che venne in Italia al seguito di Tancredi d'Altavilla e di cui se ne ha menzione già nel 1069. L'interno è arredato con magnificenza. Perfetto esempio delle residenze dell'aristocrazia palermitana, il palazzo custodisce arredi che vanno dal Seicento all'Ottocento. Numerosi i monumentali lampadari in vetro di Murano, i pannelli laccati con motivi dorati provenienti dalla Cina, gli orologi, le porcellane, e gli arazzi. Come in molte residenze coeve, vi è un fumoir arredato alla cinese con il pavimento in cuoio, realizzato presumibilmente nella seconda metà del XIX secolo. Gli ambienti di rappresentanza si articolano intorno ad una terrazza, arredata da un ninfeo rocaille e decorata da un trompe-l'œil di un giardino. Il palazzo conserva inoltre diversi strumenti musicali di grande pregio come un organo a cilindro, un pianoforte viennese del 1820 e altri due pianoforti.
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Museo Palazzo Mirto Hausmuseum
2 Via Merlo
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Palazzo Mirto è un palazzo storico di Palermo, oggi casa-museo. L'edificio è ubicato nel centro storico di Palermo, alla Kalsa, antica cittadella araba fortificata. È stato per quattro secoli dimora palermitana dei Filangeri, e poi dei Lanza Filangieri Principi di Mirto, da cui prende nome il palazzo. I Filangeri sono ricordati ancora oggi come la più importante famiglia normanna in Sicilia e nel Mezzogiorno d'Italia, dello stesso ceppo dei Sanseverino e dei Gravina, tutti discendenti da un capostipite comune, il leggendario cavaliere Angerio, delle stirpe dei Duchi di Normandia, che venne in Italia al seguito di Tancredi d'Altavilla e di cui se ne ha menzione già nel 1069. L'interno è arredato con magnificenza. Perfetto esempio delle residenze dell'aristocrazia palermitana, il palazzo custodisce arredi che vanno dal Seicento all'Ottocento. Numerosi i monumentali lampadari in vetro di Murano, i pannelli laccati con motivi dorati provenienti dalla Cina, gli orologi, le porcellane, e gli arazzi. Come in molte residenze coeve, vi è un fumoir arredato alla cinese con il pavimento in cuoio, realizzato presumibilmente nella seconda metà del XIX secolo. Gli ambienti di rappresentanza si articolano intorno ad una terrazza, arredata da un ninfeo rocaille e decorata da un trompe-l'œil di un giardino. Il palazzo conserva inoltre diversi strumenti musicali di grande pregio come un organo a cilindro, un pianoforte viennese del 1820 e altri due pianoforti.
Palazzo Abatellis (anche detto Palazzo Patella) è un antico palazzo nobiliare situato a Palermo in via Alloro, arteria principale del quartiere della Kalsa. È sede dal 1954 della Galleria Regionale della Sicilia.
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Palazzo Abatellis
4 Via Alloro
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Palazzo Abatellis (anche detto Palazzo Patella) è un antico palazzo nobiliare situato a Palermo in via Alloro, arteria principale del quartiere della Kalsa. È sede dal 1954 della Galleria Regionale della Sicilia.
Progettato da Giovanni Battista Basile, il Teatro Massimo è il principale teatro lirico della città ed anche il terzo teatro più grande d'Europa, dopo l'Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Sorge sulle aree di risulta della chiesa delle Stimmate e del monastero di San Giuliano che vennero demoliti alla fine dell'Ottocento per fare spazio alla grandiosa costruzione. La simmetria compositiva attorno all'asse dell'ingresso, la ripetizione costante degli elementi, come colonne e finestre ad archi, la decorazione rigorosamente composta, definiscono una struttura spaziale semplice ed una volumetria chiara, armonica e geometrica, d'ispirazione greca e romana. I riferimenti formali di quest'edificio sono, oltre che nei teatri antichi, anche nelle costruzioni religiose e pubbliche romane quali il tempio, la basilica civile e le terme soprattutto nello sviluppo planimetrico dei volumi e nella copertura. Sul frontone della facciata si può leggere il motto: "L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire".
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Theater Teatro Massimo
Piazza Giuseppe Verdi
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Progettato da Giovanni Battista Basile, il Teatro Massimo è il principale teatro lirico della città ed anche il terzo teatro più grande d'Europa, dopo l'Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Sorge sulle aree di risulta della chiesa delle Stimmate e del monastero di San Giuliano che vennero demoliti alla fine dell'Ottocento per fare spazio alla grandiosa costruzione. La simmetria compositiva attorno all'asse dell'ingresso, la ripetizione costante degli elementi, come colonne e finestre ad archi, la decorazione rigorosamente composta, definiscono una struttura spaziale semplice ed una volumetria chiara, armonica e geometrica, d'ispirazione greca e romana. I riferimenti formali di quest'edificio sono, oltre che nei teatri antichi, anche nelle costruzioni religiose e pubbliche romane quali il tempio, la basilica civile e le terme soprattutto nello sviluppo planimetrico dei volumi e nella copertura. Sul frontone della facciata si può leggere il motto: "L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire".
L'opera propone simmetrie con sinteticità espositive in sinergia ad equilibri neoclassici caratteristici degli Archi di Trionfo napoleonici, con gruppi bronzei di cavalli rampanti posti all'ingresso dell'edificio. Giuseppe Damiani Almeyda s'ispirò ai modelli del classicismo accademico in voga alla fine dell'Ottocento. Secondo Antonella Mazzamuto (Luoghi di Sicilia, Teatri tra '800 e '900. Edizioni Ariete, 2000), «il tipo adottato nel Politeama Garibaldi è quello del teatro-circo, in cui però la forma semicilindrica del prospetto nasconde una sala a ferro di cavallo con due ordini di palchi ed un profondo loggione. È una soluzione che ricorda il primo Hoftheater di Gottfried Semper, realizzato a Dresda, dove l'andamento semicircolare del fronte contiene ancora una sala di tipo tradizionale». Particolare del colonnato L'architettura del Politeama – sottolinea ancora la Mazzamuto – rimanda, poi, «al progetto teorico di teatro del Durand che aveva canonizzato la riproposizione del monumento storico: l'anfiteatro romano. Damiani Almeyda non adotta i tre ordini di arcate del Colosseo, come fa Durand, bensì un doppio ordine con trabeazione, secondo modalità desunte dall'architettura pompeiana». Inoltre la struttura cilindrica con la quale si presenta ci ricorda il famosissimo Pantheon romano. Similmente il teatro ha al centro del tetto un foro di forma ovale che però è coperto. Il valore di questa costruzione sta nell'esaltazione della funzione sociale del teatro come "teatro del popolo" coll'enorme sala a ferro di cavallo (che nel 1874 poteva contenere cinquemila spettatori) con due file di palchi, dominata da una grande galleria articolata in due ordini. L'ingresso è costituito da un arco di trionfo sormontato dalla quadriga bronzea di Apollo, opera di Mario Rutelli, cui s'affianca una coppia di cavalli bronzei di Benedetto Civiletti.
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Politeama Garibaldi
2 Via Filippo Turati
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L'opera propone simmetrie con sinteticità espositive in sinergia ad equilibri neoclassici caratteristici degli Archi di Trionfo napoleonici, con gruppi bronzei di cavalli rampanti posti all'ingresso dell'edificio. Giuseppe Damiani Almeyda s'ispirò ai modelli del classicismo accademico in voga alla fine dell'Ottocento. Secondo Antonella Mazzamuto (Luoghi di Sicilia, Teatri tra '800 e '900. Edizioni Ariete, 2000), «il tipo adottato nel Politeama Garibaldi è quello del teatro-circo, in cui però la forma semicilindrica del prospetto nasconde una sala a ferro di cavallo con due ordini di palchi ed un profondo loggione. È una soluzione che ricorda il primo Hoftheater di Gottfried Semper, realizzato a Dresda, dove l'andamento semicircolare del fronte contiene ancora una sala di tipo tradizionale». Particolare del colonnato L'architettura del Politeama – sottolinea ancora la Mazzamuto – rimanda, poi, «al progetto teorico di teatro del Durand che aveva canonizzato la riproposizione del monumento storico: l'anfiteatro romano. Damiani Almeyda non adotta i tre ordini di arcate del Colosseo, come fa Durand, bensì un doppio ordine con trabeazione, secondo modalità desunte dall'architettura pompeiana». Inoltre la struttura cilindrica con la quale si presenta ci ricorda il famosissimo Pantheon romano. Similmente il teatro ha al centro del tetto un foro di forma ovale che però è coperto. Il valore di questa costruzione sta nell'esaltazione della funzione sociale del teatro come "teatro del popolo" coll'enorme sala a ferro di cavallo (che nel 1874 poteva contenere cinquemila spettatori) con due file di palchi, dominata da una grande galleria articolata in due ordini. L'ingresso è costituito da un arco di trionfo sormontato dalla quadriga bronzea di Apollo, opera di Mario Rutelli, cui s'affianca una coppia di cavalli bronzei di Benedetto Civiletti.
Il palazzo, iniziato durante il regno di Guglielmo I ed ultimato da Guglielmo II intorno al 1167, fu la residenza estiva preferita dai re e dalla sua corte. Il suo nome deriva dall’arabo “al-Aziz”, ovvero “splendido”.
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Die Zisa Burg
Piazza Zisa
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Il palazzo, iniziato durante il regno di Guglielmo I ed ultimato da Guglielmo II intorno al 1167, fu la residenza estiva preferita dai re e dalla sua corte. Il suo nome deriva dall’arabo “al-Aziz”, ovvero “splendido”.
Elegante costruzione tardo-cinquecentesca che utilizza colonne e capitelli di un preesistente edificio del XI secolo, i cui resti sono inglobati nella adiacente cappella di S. Maria l’Incoronata, preceduta da un pronao ed è costituita da un unico vano absidato; tutta l’area infatti, in epoca musulmana era occupata dalla grande moschea e qui era una sala ipostila.
Cappella e Loggia dell'Incoronazione
13 Via Incoronazione
Elegante costruzione tardo-cinquecentesca che utilizza colonne e capitelli di un preesistente edificio del XI secolo, i cui resti sono inglobati nella adiacente cappella di S. Maria l’Incoronata, preceduta da un pronao ed è costituita da un unico vano absidato; tutta l’area infatti, in epoca musulmana era occupata dalla grande moschea e qui era una sala ipostila.
Dedicata alla moglie, Donna Felice Orsini, del vicerè Marcantonio Colonna, la sua edificazione fu iniziata nel 1582, ma i lavori, subito dopo, furono interrotti e ripresi nel 1602 sotto la direzione di Mariano Smiriglio e furono portati a termine nel 1637 da Vincenzo Tedeschi.
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Porta Felice
Foro Italico Umberto I
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Dedicata alla moglie, Donna Felice Orsini, del vicerè Marcantonio Colonna, la sua edificazione fu iniziata nel 1582, ma i lavori, subito dopo, furono interrotti e ripresi nel 1602 sotto la direzione di Mariano Smiriglio e furono portati a termine nel 1637 da Vincenzo Tedeschi.
Esempio tra i più rappresentativi dell’architettura trionfale a Palermo, rappresenta l’ingresso dal lato occidentale della città. Fu edificata a ricordo della solenne entrata a Palermo dell’imperatore Carlo V, avvenuta nel 1535, di ritorno dalla vittoriosa campagna militare in Africa.
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Porta Nuova
475 Via Vittorio Emanuele
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Esempio tra i più rappresentativi dell’architettura trionfale a Palermo, rappresenta l’ingresso dal lato occidentale della città. Fu edificata a ricordo della solenne entrata a Palermo dell’imperatore Carlo V, avvenuta nel 1535, di ritorno dalla vittoriosa campagna militare in Africa.
Così chiamata per il fatto che il quartiere della Kalsa era, nel tardo Medioevo, abitato da una popolazione di origine greca. Fu edificata nel XIV secolo ma, successivamente, venne distrutta e riedificata nel 1553.
Porta dei Greci
Via Porta dei Greci
Così chiamata per il fatto che il quartiere della Kalsa era, nel tardo Medioevo, abitato da una popolazione di origine greca. Fu edificata nel XIV secolo ma, successivamente, venne distrutta e riedificata nel 1553.
Elegante esempio di porta a piloni costruita nel 1782 al posto di una delle più antiche porte realizzate nel XIII secolo. Il nome è dovuto dalla presenza della strada che da qui si dipartiva e che, inoltrandosi per le campagne settentrionali, conduceva a Carini.
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Porta Carini
1-21 Via Porta Carini
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Elegante esempio di porta a piloni costruita nel 1782 al posto di una delle più antiche porte realizzate nel XIII secolo. Il nome è dovuto dalla presenza della strada che da qui si dipartiva e che, inoltrandosi per le campagne settentrionali, conduceva a Carini.
Chiesa in stile tardo gotico: i lavori di costruzione iniziarono nel 1506 nell’antico quartiere della Kalsa, dai padri Olivetani, i quali scelsero il nome “Spasimo” in segno di devozione alla Madonna che soffre dinanzi al Cristo in Croce. I lavori di costruzione della chiesa e del convento annesso proseguirono per molti anni, ma non vennero mai completati perché nel 1536, sotto la minaccia turca, fu disposto il potenziamento del sistema difensivo della città, e l’area a ridosso dello Spasimo fu scelta per la realizzazione di un baluardo difensivo. Successivamente, la chiesa divenne luogo di rappresentazioni teatrali, poi di lazzaretto, con il diffondersi della peste nel 1624,magazzino per i cereali e il grano, vista la vicinanza con l’antico porto, ed infine divenne ospedale civico e, dopo, fino al 1986, ospedale geriatrico. L’edificio si presenta con un impianto a tre navate separate da quattro slanciate archeggiature a sesto acuto e ampie cappelle laterali, riproponendo la concezione spaziale dell’architettura gotico-rinascimentale con alte volumetrie, inoltre, vi si possono riscontrare elementi riconducibili allo stile “chiaramontano”, che esalta la tradizione araba-normanna, con la cupoletta rossa che copre l’avancorpo settentrionale del complesso; allo stile carnelivariano, con il grande arco ribassato; al gotico fiorito con le monofore che danno luce alle cappelle laterali. Appare incerta l’esistenza della copertura della navata centrale, oggi a cielo aperto. Attualmente, lo Spasimo si propone come spazio polifunzionale: mostre, spettacoli ed eventi culturali vi vengono ospitati. Inoltre, la Scuola Internazionale di Jazz del Brass Group ha la sua sede in questo suggestivo monumento.
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Santa Maria Dello Spasimo
15 Via Dello Spasimo
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Chiesa in stile tardo gotico: i lavori di costruzione iniziarono nel 1506 nell’antico quartiere della Kalsa, dai padri Olivetani, i quali scelsero il nome “Spasimo” in segno di devozione alla Madonna che soffre dinanzi al Cristo in Croce. I lavori di costruzione della chiesa e del convento annesso proseguirono per molti anni, ma non vennero mai completati perché nel 1536, sotto la minaccia turca, fu disposto il potenziamento del sistema difensivo della città, e l’area a ridosso dello Spasimo fu scelta per la realizzazione di un baluardo difensivo. Successivamente, la chiesa divenne luogo di rappresentazioni teatrali, poi di lazzaretto, con il diffondersi della peste nel 1624,magazzino per i cereali e il grano, vista la vicinanza con l’antico porto, ed infine divenne ospedale civico e, dopo, fino al 1986, ospedale geriatrico. L’edificio si presenta con un impianto a tre navate separate da quattro slanciate archeggiature a sesto acuto e ampie cappelle laterali, riproponendo la concezione spaziale dell’architettura gotico-rinascimentale con alte volumetrie, inoltre, vi si possono riscontrare elementi riconducibili allo stile “chiaramontano”, che esalta la tradizione araba-normanna, con la cupoletta rossa che copre l’avancorpo settentrionale del complesso; allo stile carnelivariano, con il grande arco ribassato; al gotico fiorito con le monofore che danno luce alle cappelle laterali. Appare incerta l’esistenza della copertura della navata centrale, oggi a cielo aperto. Attualmente, lo Spasimo si propone come spazio polifunzionale: mostre, spettacoli ed eventi culturali vi vengono ospitati. Inoltre, la Scuola Internazionale di Jazz del Brass Group ha la sua sede in questo suggestivo monumento.
Denominata Villena (oggi Vigliena), dal nome del vicerè spagnolo sotto cui terminò la sua prima sistemazione nel 1620, resa necessaria in seguito all’apertura di via Maqueda, nel 1600. L'incrocio che si venne a creare, tra via Maqueda e via Vittorio Emanuele, portò alla suddivisione della città in quattro parti detti “Mandamenti”. Ognuno di essi prende il nome dall’edificio civile più importante di quella zona: Capo o Monte di Pietà, Albergheria o Palazzo Reale, Kalsa o Tribunali e Loggia o Castellammare. Varie definizioni sono state coniate per la costruzione barocca delle “quattro cantoniere”, tra queste: Teatro del Sole, perché in ogni stagione, almeno uno dei quattro cantoni è lambito dalla luce solare; oppure “ottagono”, per la sua forma. La piazza si presenta perfettamente circolare ed i cantoni, realizzati in pietra da taglio con particolari in pietra di Billiemi sono curvilinei. La costruzione dei cantoni, iniziata nel 1608 su progetto di Giulio Lasso e proseguita sotto la guida di Mariano Smiriglio, fu portata a termine nel 1621. Ciascun cantone ha in sovrapposizione i tre ordini: dorico, ionico e composito. Nell’ordine inferiore sono le statue delle “Stagioni”, in quello medio le statue di quattro re spagnoli, le quali si presentavano originariamente in bronzo e sostituite con le attuali in marmo di Carrara nel 1661 ed, infine, nell’ordine superiore vi sono le statue delle sante protettrici di ogni mandamento (S. Oliva, S. Cristina, S. Agata e S. Ninfa). Sui timpani dei balconi si possono ammirare degli angeli con palme e corone; sull’attico è stato collocato lo stemma reale spagnolo tra quello viceregio e pretorio. Nel 1856, per migliorare lo smaltimento delle acque piovane, il Senato decise l’abbassamento del livello stradale di via Maqueda e ad ogni cantone venne aggiunta una vasca sotto le fontane.
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Quattro Canti
Via Maqueda
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Denominata Villena (oggi Vigliena), dal nome del vicerè spagnolo sotto cui terminò la sua prima sistemazione nel 1620, resa necessaria in seguito all’apertura di via Maqueda, nel 1600. L'incrocio che si venne a creare, tra via Maqueda e via Vittorio Emanuele, portò alla suddivisione della città in quattro parti detti “Mandamenti”. Ognuno di essi prende il nome dall’edificio civile più importante di quella zona: Capo o Monte di Pietà, Albergheria o Palazzo Reale, Kalsa o Tribunali e Loggia o Castellammare. Varie definizioni sono state coniate per la costruzione barocca delle “quattro cantoniere”, tra queste: Teatro del Sole, perché in ogni stagione, almeno uno dei quattro cantoni è lambito dalla luce solare; oppure “ottagono”, per la sua forma. La piazza si presenta perfettamente circolare ed i cantoni, realizzati in pietra da taglio con particolari in pietra di Billiemi sono curvilinei. La costruzione dei cantoni, iniziata nel 1608 su progetto di Giulio Lasso e proseguita sotto la guida di Mariano Smiriglio, fu portata a termine nel 1621. Ciascun cantone ha in sovrapposizione i tre ordini: dorico, ionico e composito. Nell’ordine inferiore sono le statue delle “Stagioni”, in quello medio le statue di quattro re spagnoli, le quali si presentavano originariamente in bronzo e sostituite con le attuali in marmo di Carrara nel 1661 ed, infine, nell’ordine superiore vi sono le statue delle sante protettrici di ogni mandamento (S. Oliva, S. Cristina, S. Agata e S. Ninfa). Sui timpani dei balconi si possono ammirare degli angeli con palme e corone; sull’attico è stato collocato lo stemma reale spagnolo tra quello viceregio e pretorio. Nel 1856, per migliorare lo smaltimento delle acque piovane, il Senato decise l’abbassamento del livello stradale di via Maqueda e ad ogni cantone venne aggiunta una vasca sotto le fontane.
Così chiamata poiché deriva dal termine arabo “al-Fawwarah”, ovvero “sorgente d’acqua”, ed è anche detta di Maredolce, poiché nelle vicinanze un lago artificiale vi si trovava. Costruito durante la dominazione musulmana come dimora per l’Emiro, fu restaurato in epoca normanna con l’aggiunta di una cappella e più volte rimaneggiato durante i successivi secoli. Dopo anni di totale incuria, il castello è stato acquisito dalla Regione ed è in fase di restauro. Il palazzo costituisce un unicum del genere: la massa compatta, in cui prevale la dimensione orizzontale, si svolge in continuità attorno ad un vasto cortile porticato, di cui rimangono ampi brani. A questo impianto, derivato da esempi nord-africani, si associa l’uniformità dei paramenti ed un’accurata definizione esterna che attestano l’organicità dell’intervento normanno. Il fronte settentrionale comprende l’appartamento nobile, la chiesa ed il grande fornice d’accesso alla corte interna. Di notevole interesse è la Cappella dei Santi Filippo e Giacomo, posta sul lato nord-occidentale del castello, si presenta ad unica navata e l’elemento più singolare è sicuramente la cupola in stile orientale.
Castello di Maredolce
23 Vicolo del Castellaccio
Così chiamata poiché deriva dal termine arabo “al-Fawwarah”, ovvero “sorgente d’acqua”, ed è anche detta di Maredolce, poiché nelle vicinanze un lago artificiale vi si trovava. Costruito durante la dominazione musulmana come dimora per l’Emiro, fu restaurato in epoca normanna con l’aggiunta di una cappella e più volte rimaneggiato durante i successivi secoli. Dopo anni di totale incuria, il castello è stato acquisito dalla Regione ed è in fase di restauro. Il palazzo costituisce un unicum del genere: la massa compatta, in cui prevale la dimensione orizzontale, si svolge in continuità attorno ad un vasto cortile porticato, di cui rimangono ampi brani. A questo impianto, derivato da esempi nord-africani, si associa l’uniformità dei paramenti ed un’accurata definizione esterna che attestano l’organicità dell’intervento normanno. Il fronte settentrionale comprende l’appartamento nobile, la chiesa ed il grande fornice d’accesso alla corte interna. Di notevole interesse è la Cappella dei Santi Filippo e Giacomo, posta sul lato nord-occidentale del castello, si presenta ad unica navata e l’elemento più singolare è sicuramente la cupola in stile orientale.

Offerta gastronomica

Lo street food tradizionale. Nella splendida cornice di Piazza Marina, accanto alla fontana del Garraffello ed alla villa Garibaldi, i tavolini di Francu, adesso gestiti dai discendenti, sono una vera tradizione per chi vuole gustare lo street food palermotano, dal Pani ca Meusa alle arancine, dal pane e panelle alle melanzane a quaglia.
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'Nni Franco U'Vastiddaru
102 Via Vittorio Emanuele
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Lo street food tradizionale. Nella splendida cornice di Piazza Marina, accanto alla fontana del Garraffello ed alla villa Garibaldi, i tavolini di Francu, adesso gestiti dai discendenti, sono una vera tradizione per chi vuole gustare lo street food palermotano, dal Pani ca Meusa alle arancine, dal pane e panelle alle melanzane a quaglia.
1834 Dopo 25 anni passati come maestro di cucina al servizio dei Principi di Cattolica, Salvatore Alaimo riceve in dono la cappella sconsacrata di un antico palazzo nel cuore di Palermo. Sulla porta d’ingresso appende una tavola di legno con un’incisione che recita “Focacceria” e decide di cucinare per il popolo. Ancora oggi uno dei porti più visitati dai palermitani e dai turisti. Manu vario ed economico.
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Antica Focacceria San Francesco
58 Via Alessandro Paternostro
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1834 Dopo 25 anni passati come maestro di cucina al servizio dei Principi di Cattolica, Salvatore Alaimo riceve in dono la cappella sconsacrata di un antico palazzo nel cuore di Palermo. Sulla porta d’ingresso appende una tavola di legno con un’incisione che recita “Focacceria” e decide di cucinare per il popolo. Ancora oggi uno dei porti più visitati dai palermitani e dai turisti. Manu vario ed economico.
La vera cucina della tradizione siciliana. Da Lo Bianco, osteria verace e storica della città, troverete i piatti della cucina "povera" siciliana ed anche menu di carne e pesce che regaleranno emozioni davvero a tutti.
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Osteria Lo Bianco
104 Via E. Amari
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La vera cucina della tradizione siciliana. Da Lo Bianco, osteria verace e storica della città, troverete i piatti della cucina "povera" siciliana ed anche menu di carne e pesce che regaleranno emozioni davvero a tutti.
Arancine, oltre 40 gusti, ottima qualità. Per chi vuole provare una delle regine dello street food palermitano in tantissime varianti.
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Ke Palle
270 Via Maqueda
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Arancine, oltre 40 gusti, ottima qualità. Per chi vuole provare una delle regine dello street food palermitano in tantissime varianti.
Hai presente la cucina di tua nonna? Proprio quella fatta di ricette semplici, ricca di sapori autentici, arrostuti 'na rarigghia e misi 'na terrina. E soprattutto realizzati con i gredienti sani reperiti a zero chilometri da dove venivano cucinati.
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Osteria Mangia e Bevi
18 L.go dei Cavalieri di Malta
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Hai presente la cucina di tua nonna? Proprio quella fatta di ricette semplici, ricca di sapori autentici, arrostuti 'na rarigghia e misi 'na terrina. E soprattutto realizzati con i gredienti sani reperiti a zero chilometri da dove venivano cucinati.

Le Guide ai Quartieri

Una delle spiagge più belle del mondo. Acque cristalline e servizi per tutti. Mondello è un must per chi viene a Palermo.
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Mondello
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Una delle spiagge più belle del mondo. Acque cristalline e servizi per tutti. Mondello è un must per chi viene a Palermo.
È forse il quartiere più ricco di storia della città infatti include anche il Palazzo Reale, da sempre residenza dei sovrani di Sicilia. Nella sua area i primi Fenici fondarono la città e vi stabilirono i primi centri direzionali. Al suo interno correva il fiume Kemonia, attualmente sotterraneo. La zona, denominata ufficialmente Mandamento Palazzo Reale, quindi è la più antica della città ma in realtà la configurazione attuale si deve al periodo rinascimentale, dopo il taglio di Via Maqueda dopo il quale vediamo grandi stravolgimenti urbanistici ed architettonici. Per lungo tempo è stato un quartiere estremamente degradato, solo nell'ultimo decennio è stato riscoperto ed è in corso di riqualificazione. Al suo interno vi si tiene il celebre mercato storico di Ballarò.
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Monte di Pietà
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È forse il quartiere più ricco di storia della città infatti include anche il Palazzo Reale, da sempre residenza dei sovrani di Sicilia. Nella sua area i primi Fenici fondarono la città e vi stabilirono i primi centri direzionali. Al suo interno correva il fiume Kemonia, attualmente sotterraneo. La zona, denominata ufficialmente Mandamento Palazzo Reale, quindi è la più antica della città ma in realtà la configurazione attuale si deve al periodo rinascimentale, dopo il taglio di Via Maqueda dopo il quale vediamo grandi stravolgimenti urbanistici ed architettonici. Per lungo tempo è stato un quartiere estremamente degradato, solo nell'ultimo decennio è stato riscoperto ed è in corso di riqualificazione. Al suo interno vi si tiene il celebre mercato storico di Ballarò.
Castellammare o anche Loggia è la quarta unità di primo livello di Palermo[1]. È situata nel centro storico della città ed è uno dei quattro rioni storici (o mandamenti); fa parte della I Circoscrizione. Al suo interno troviamo uno dei mercati storici più famosi della città, la Vucciria.
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Castellammare
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Castellammare o anche Loggia è la quarta unità di primo livello di Palermo[1]. È situata nel centro storico della città ed è uno dei quattro rioni storici (o mandamenti); fa parte della I Circoscrizione. Al suo interno troviamo uno dei mercati storici più famosi della città, la Vucciria.
Tribunali o anche Kalsa è la prima unità di primo livello di Palermo. È situata nel centro storico della città ed è uno dei quattro rioni storici (o mandamenti); fa parte della I Circoscrizione. Il primo nome del quartiere è Kalsa che deriva dall'arabo al Khalisa, che significa la pura o l'eletta. Questo per separarla dalla città vecchia dove le mire secessionistiche sembravano farla da padrone. Il nome attuale è Mandamento Tribunali (anche se viene chiamata comunemente in città con il vecchio nome arabo). Il nome deriva dalla presenza al suo interno dell'ex tribunale dell'Inquisizione, palazzo storico comunemente noto con il nome Palazzo Chiaramonte-Steri.
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Kalsa
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Tribunali o anche Kalsa è la prima unità di primo livello di Palermo. È situata nel centro storico della città ed è uno dei quattro rioni storici (o mandamenti); fa parte della I Circoscrizione. Il primo nome del quartiere è Kalsa che deriva dall'arabo al Khalisa, che significa la pura o l'eletta. Questo per separarla dalla città vecchia dove le mire secessionistiche sembravano farla da padrone. Il nome attuale è Mandamento Tribunali (anche se viene chiamata comunemente in città con il vecchio nome arabo). Il nome deriva dalla presenza al suo interno dell'ex tribunale dell'Inquisizione, palazzo storico comunemente noto con il nome Palazzo Chiaramonte-Steri.

Zone archeologiche

Si trovava sul lembo di terra a nord dell’imboccatura del porto della cala ed era costituito da una vera e propria cittadella militare. Edificato a partire dal X secolo, durante la dominazione araba, aveva al centro il mastio turriforme. Una vasta spianata lo separava dalla città. Potenziato in epoca normanna, il castello fu fortificato nel 1496, durante il regno di Ferdinando il Cattolico.
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Castello a Mare
25 Via Filippo Patti
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Si trovava sul lembo di terra a nord dell’imboccatura del porto della cala ed era costituito da una vera e propria cittadella militare. Edificato a partire dal X secolo, durante la dominazione araba, aveva al centro il mastio turriforme. Una vasta spianata lo separava dalla città. Potenziato in epoca normanna, il castello fu fortificato nel 1496, durante il regno di Ferdinando il Cattolico.
Databili tra il IV ed V secolo d.C., furono scoperte nel 1739 durante i lavori di costruzione del Convento delle Cappuccinelle; nel 1785 fu sistemato l’ingresso. Poste a poca distanza dal limite urbano, sono formate da corridoi, gallerie e loculi che si estendono per alcune centinaia di metri verso occidente.
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catacombe di Porta d'Ossuna
110 Corso A. Amedeo
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Databili tra il IV ed V secolo d.C., furono scoperte nel 1739 durante i lavori di costruzione del Convento delle Cappuccinelle; nel 1785 fu sistemato l’ingresso. Poste a poca distanza dal limite urbano, sono formate da corridoi, gallerie e loculi che si estendono per alcune centinaia di metri verso occidente.
Beati Paoli era il nome con cui venivano identificati coloro che appartenevano ad una setta segreta, famosa per compiere atti vendicatori e giustizieri nei confronti dello strapotere e dei soprusi dei nobili nei confronti della povera gente.
Grotta dei Beati Paoli
2 Via Sedie Volanti
Beati Paoli era il nome con cui venivano identificati coloro che appartenevano ad una setta segreta, famosa per compiere atti vendicatori e giustizieri nei confronti dello strapotere e dei soprusi dei nobili nei confronti della povera gente.
Il complesso delle case romane che occupano una porzione della Villa Bonanno all’interno di Piazza della Vittoria fu casualmente scoperto nel dicembre del 1868 dal Direttore delle Antichità di Sicilia Francesco Saverio Cavallari e comprendono i resti di due sontuose dimore, ovvero, “un palagio contenente una sala basilicale” ascrivibili alla metà del IV secolo a.C.
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Villa Bonanno
463 Via Vittorio Emanuele
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Il complesso delle case romane che occupano una porzione della Villa Bonanno all’interno di Piazza della Vittoria fu casualmente scoperto nel dicembre del 1868 dal Direttore delle Antichità di Sicilia Francesco Saverio Cavallari e comprendono i resti di due sontuose dimore, ovvero, “un palagio contenente una sala basilicale” ascrivibili alla metà del IV secolo a.C.
Il Qanat o Kariz è un sistema di trasporto idrico usato per fornire una fonte affidabile d'approvvigionamento d'acqua per insediamenti umani e per l'irrigazione in ambienti caldi e aridi. Il Qanat Gesuitico Alto si sviluppa nel sottosuolo del quartiere di Altarello e, in particolare, al di sotto di casa Micciulla, nella via nave e nei territori agricoli circostanti.
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Qanat Gesuitico Alto
25 Fondo Micciulla
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Il Qanat o Kariz è un sistema di trasporto idrico usato per fornire una fonte affidabile d'approvvigionamento d'acqua per insediamenti umani e per l'irrigazione in ambienti caldi e aridi. Il Qanat Gesuitico Alto si sviluppa nel sottosuolo del quartiere di Altarello e, in particolare, al di sotto di casa Micciulla, nella via nave e nei territori agricoli circostanti.
Del primo emporio punico, fondato probabilmente nel corso del VII secolo a.C., sono testimonianza concreta e significativa le numerose tombe comprese nella vasta necropoli che occupava l'area immediatamente ad ovest della città, compresa tra Piazza Indipendenza, Corso Calatafimi, Corso Pisani, Via Cuba, Via Cappuccini e Via Pindemonte.
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Necropoli punica di Palermo
90 Corso Calatafimi
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Del primo emporio punico, fondato probabilmente nel corso del VII secolo a.C., sono testimonianza concreta e significativa le numerose tombe comprese nella vasta necropoli che occupava l'area immediatamente ad ovest della città, compresa tra Piazza Indipendenza, Corso Calatafimi, Corso Pisani, Via Cuba, Via Cappuccini e Via Pindemonte.

Palazzi storici

Magnifica residenza di Guglielmo Ajutamicristo, ricco mercante pisano, divenuto nobile con la sua attività di banchiere, il quale commissionò, nell’ultimo decennio del ‘400, all’architetto Matteo Carnalivari la realizzazione del palazzo. Lo storico palazzo fu in quel tempo la dimora prediletta di ospiti illustri.
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Palazzo Ajutamicristo
23 Via Giuseppe Garibaldi
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Magnifica residenza di Guglielmo Ajutamicristo, ricco mercante pisano, divenuto nobile con la sua attività di banchiere, il quale commissionò, nell’ultimo decennio del ‘400, all’architetto Matteo Carnalivari la realizzazione del palazzo. Lo storico palazzo fu in quel tempo la dimora prediletta di ospiti illustri.
La costruzione dell’edificio risale al 1615, ma fu ultimato solo nel 1767. L'edificio, prima che ne venisse in possesso il Presidente di Giustizia Giuseppe Asmundo, marchese di Sessa, era appartenuto alla famiglia Joppolo dei Principi di S. Elia. L'edificio con le sue malte, gli stucchi di scuola serpottiana, gli scuri Veneziani e le porte Barocche, gli affreschi con allegorie di Gioacchino Martorana, l'alcova settecentesca con i suoi putti, i suoi tralci e le tortore che intrecciano il nido d’amore, rappresenta un vero e proprio scrigno d'arte rendendo ancora più preziose “le sue collezioni”: i quadri, le cassapanche maritali del XVI e XVII secolo ivi esposte in permanenza; nonché le ceramiche siciliane, i mattoni di censo, devozionali ecc.; le porcellane napoletane, francesi, ecc.; i rotoli, i vasi, i ventagli, i ricami, le armi bianche e da fuoco, la copiosa documentazione cartografica e numismatica che arricchiscono volta per volta le esposizioni, ripropongono quella “Palermo Felicissima” tanto menzionata da libri e riviste antiche e moderne e tanto osannata dai “viaggiatori” di allora.
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Palazzo Asmundo Museum
3 Via Pietro Novelli
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La costruzione dell’edificio risale al 1615, ma fu ultimato solo nel 1767. L'edificio, prima che ne venisse in possesso il Presidente di Giustizia Giuseppe Asmundo, marchese di Sessa, era appartenuto alla famiglia Joppolo dei Principi di S. Elia. L'edificio con le sue malte, gli stucchi di scuola serpottiana, gli scuri Veneziani e le porte Barocche, gli affreschi con allegorie di Gioacchino Martorana, l'alcova settecentesca con i suoi putti, i suoi tralci e le tortore che intrecciano il nido d’amore, rappresenta un vero e proprio scrigno d'arte rendendo ancora più preziose “le sue collezioni”: i quadri, le cassapanche maritali del XVI e XVII secolo ivi esposte in permanenza; nonché le ceramiche siciliane, i mattoni di censo, devozionali ecc.; le porcellane napoletane, francesi, ecc.; i rotoli, i vasi, i ventagli, i ricami, le armi bianche e da fuoco, la copiosa documentazione cartografica e numismatica che arricchiscono volta per volta le esposizioni, ripropongono quella “Palermo Felicissima” tanto menzionata da libri e riviste antiche e moderne e tanto osannata dai “viaggiatori” di allora.
Principesca dimora dei Branciforte, principi di Butera, di casa Scordia. Il nucleo originale del palazzo ha origini seicentesche, ma a partire dal 1721, quando divenne residenza dei Branciforte, fu data al palazzo una nuova definizione e, con ampliamenti successivi, l’edificio raggiunse un fronte di circa 120 metri.
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Palazzo Butera
2 Via Dammuselli
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Principesca dimora dei Branciforte, principi di Butera, di casa Scordia. Il nucleo originale del palazzo ha origini seicentesche, ma a partire dal 1721, quando divenne residenza dei Branciforte, fu data al palazzo una nuova definizione e, con ampliamenti successivi, l’edificio raggiunse un fronte di circa 120 metri.
L’edificio appartenuto fin dal XVII secolo ai Celestri marchesi di S. Croce, fu ammodernato ed abbellito nel 1770 da Tommaso Grimaldi e Celestri che ne fece una dimora principesca; nel 1856 passò ai Trigona principi di S. Elia.
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Fondazione Sant'Elia
81 Via Maqueda
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L’edificio appartenuto fin dal XVII secolo ai Celestri marchesi di S. Croce, fu ammodernato ed abbellito nel 1770 da Tommaso Grimaldi e Celestri che ne fece una dimora principesca; nel 1856 passò ai Trigona principi di S. Elia.
Costruito intorno al 1320 da Manfredi I appartenente ai Chiaramonte, che rappresentava una delle famiglie più rinomate, al punto da esercitare una grande influenza politica e militare su buona parte della Sicilia Occidentale, oggi è sede del Rettorato dell’Università di Palermo.
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Palazzo Chiaramonte
60 Piazza Marina
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Costruito intorno al 1320 da Manfredi I appartenente ai Chiaramonte, che rappresentava una delle famiglie più rinomate, al punto da esercitare una grande influenza politica e militare su buona parte della Sicilia Occidentale, oggi è sede del Rettorato dell’Università di Palermo.
L'edificio che fu dimora della famiglia dell'avvocato Ottavio Ziino, espressione della più alta borghesia emergente di Palermo venne progettato dal fratello Nunzio Ziino e fu inaugurato nel 1895.
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Palazzo Ziino
53 Via Dante
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L'edificio che fu dimora della famiglia dell'avvocato Ottavio Ziino, espressione della più alta borghesia emergente di Palermo venne progettato dal fratello Nunzio Ziino e fu inaugurato nel 1895.
Residenza della nobile famiglia Sclafani, di discendenza normanna. Fu costruito da Matteo Sclafani nel 1330 e rappresenta uno dei più cospicui esempi dell’architettura civile trecentesca. Esso si sviluppa in quadrato attorno ad un cortile porticato.
Palazzo Sclafani
2 P.za della Vittoria
Residenza della nobile famiglia Sclafani, di discendenza normanna. Fu costruito da Matteo Sclafani nel 1330 e rappresenta uno dei più cospicui esempi dell’architettura civile trecentesca. Esso si sviluppa in quadrato attorno ad un cortile porticato.
Residenza di Pietro Speciale, pretore di Palermo nella seconda metà del XV secolo, edificato in corrispondenza delle mura della città antica e fornito di giardini. Della facciata in stile gotico-catalano rimangono preziosa testimonianza alcune bifore di cui tre sull’attuale ingresso sormontato dallo stemma di famiglia con le insegne dell’ordine di San Giacomo della Spada. Nel corso del XVII secolo, in seguito del matrimonio del Principe di Raffadali con Eleonora Speciale, erede del limitrofo Palazzo del Viceré Speciale, i due palazzi vennero uniti e ristrutturati assumendo l’attuale configurazione E’ di quel periodo il vasto atrio e lo scalone seicentesco che lo adorna, il grande portale di ingresso. Ancora oggi, è abitato dai Principi di Raffadali.
Speciale - Raffadali Palace
Piazzetta Pietro Speciale
Residenza di Pietro Speciale, pretore di Palermo nella seconda metà del XV secolo, edificato in corrispondenza delle mura della città antica e fornito di giardini. Della facciata in stile gotico-catalano rimangono preziosa testimonianza alcune bifore di cui tre sull’attuale ingresso sormontato dallo stemma di famiglia con le insegne dell’ordine di San Giacomo della Spada. Nel corso del XVII secolo, in seguito del matrimonio del Principe di Raffadali con Eleonora Speciale, erede del limitrofo Palazzo del Viceré Speciale, i due palazzi vennero uniti e ristrutturati assumendo l’attuale configurazione E’ di quel periodo il vasto atrio e lo scalone seicentesco che lo adorna, il grande portale di ingresso. Ancora oggi, è abitato dai Principi di Raffadali.

Musei e gallerie

Le ex Officine Ducrot si trovano alle spalle del Castello della Zisa, e contengono ventitre capannoni: esempi interessantissimi di archeologia industriale, con una naturale vocazione a diventare una straordinaria cittadella della cultura, sull’esempio di analoghi luoghi di lavoro obsoleti.
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Cultural Shipyards of Zisa
4 Via Paolo Gili
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Le ex Officine Ducrot si trovano alle spalle del Castello della Zisa, e contengono ventitre capannoni: esempi interessantissimi di archeologia industriale, con una naturale vocazione a diventare una straordinaria cittadella della cultura, sull’esempio di analoghi luoghi di lavoro obsoleti.
L’Ex deposito delle locomotive di S. Erasmo fu inaugurato nel 1886 ed è costituito da un elegante padiglione con una particolarissima e preziosa struttura in ghisa coperta da un tetto a quattro falde con lucernai.
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Ecomuseo Mare Memoria Viva
14 Via Messina Marine
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L’Ex deposito delle locomotive di S. Erasmo fu inaugurato nel 1886 ed è costituito da un elegante padiglione con una particolarissima e preziosa struttura in ghisa coperta da un tetto a quattro falde con lucernai.
Grandiosa dimora tardo-quattrocentesca e splendida dimora in stile gotico-catalano di Francesco Patella o Abatellis, che fu maestro portolano del regno e pretore della città, il quale commissionò i lavori di costruzione all’architetto Matteo Carnalivari.
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Palazzo Abatellis
4 Via Alloro
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Grandiosa dimora tardo-quattrocentesca e splendida dimora in stile gotico-catalano di Francesco Patella o Abatellis, che fu maestro portolano del regno e pretore della città, il quale commissionò i lavori di costruzione all’architetto Matteo Carnalivari.
Nel 1910 il Ridotto del Teatro Politeama divenne la sede della Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo. Le ragioni di tale scelta furono motivate dal valore emblematico del monumento, che testimoniava la esaltante stagione della Belle Époque, e dalla sua stessa collocazione nel cuore della città moderna.
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Moderne Kunstgalerie Sant'Anna
21 Via Sant'Anna
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Nel 1910 il Ridotto del Teatro Politeama divenne la sede della Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo. Le ragioni di tale scelta furono motivate dal valore emblematico del monumento, che testimoniava la esaltante stagione della Belle Époque, e dalla sua stessa collocazione nel cuore della città moderna.
Ospitato all’interno del Castello della Zisa, è stato inaugurato nel 1991 ed è gestito dalla Sopraintendenza ai Beni Culturali.
Museum of Islamic Art (Palermo)
Piazza Zisa
Ospitato all’interno del Castello della Zisa, è stato inaugurato nel 1991 ed è gestito dalla Sopraintendenza ai Beni Culturali.
L’area su cui sorse il palazzo era occupata fin dal XVI secolo da palazzo Afflitto, il quale fu acquistato da Giuseppe Emanuele Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte, che lo fece riedificare completamente da Giuseppe Venanzio Marvuglia a partire dal 1780.
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Museum Palazzo Riso
365 Via Vittorio Emanuele
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L’area su cui sorse il palazzo era occupata fin dal XVI secolo da palazzo Afflitto, il quale fu acquistato da Giuseppe Emanuele Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte, che lo fece riedificare completamente da Giuseppe Venanzio Marvuglia a partire dal 1780.
Ospitato nell’ex convento dei Padri Filippini, il quale si articolava attorno a tre cortili, due dei quali ancora integri, ed al suo interno si aprivano logge e cappelle private. Dopo il taglio di via Roma ed i danni provocati dalla guerra, restano le strutture del primo cortile tardo-rinascimentale con colonne in marmo grigio e archi policentrici.
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Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas
Piazza Olivella
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Ospitato nell’ex convento dei Padri Filippini, il quale si articolava attorno a tre cortili, due dei quali ancora integri, ed al suo interno si aprivano logge e cappelle private. Dopo il taglio di via Roma ed i danni provocati dalla guerra, restano le strutture del primo cortile tardo-rinascimentale con colonne in marmo grigio e archi policentrici.
L'astronomia in Sicilia nasce nel 1790, con l'istituzione dell'osservatorio astronomico di Palermo, primo nel meridione d'Italia. La creazione di un osservatorio astronomico fu importantissimo in quanto si cominciò subito a produrre scienza ad alto livello.
INAF Palermo Astronomical Observatory
1 Piazza del Parlamento
L'astronomia in Sicilia nasce nel 1790, con l'istituzione dell'osservatorio astronomico di Palermo, primo nel meridione d'Italia. La creazione di un osservatorio astronomico fu importantissimo in quanto si cominciò subito a produrre scienza ad alto livello.
Il Museo si trova al piano terra del chiostro trecentesco della Chiesa di San Domenico. Venne istituito nel 1918 per volere della Società Siciliana di Storia Patria e ufficialmente inaugurato nel 1961 nella ricorrenza del centenario dell'Unità d'Italia.
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Museo del Risorgimento Vittorio Emanuele Orlando
1 Piazza S. Domenico
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Il Museo si trova al piano terra del chiostro trecentesco della Chiesa di San Domenico. Venne istituito nel 1918 per volere della Società Siciliana di Storia Patria e ufficialmente inaugurato nel 1961 nella ricorrenza del centenario dell'Unità d'Italia.
Il Museo geologico “Gaetano Giorgio Gemmellaro” costituisce una delle più prestigiose istituzioni museali della città e uno tra i musei geologici e paleontologici italiani.
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Museo Geologico e Paleontologico G.G. Gemmellaro
131 Corso Tukory
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Il Museo geologico “Gaetano Giorgio Gemmellaro” costituisce una delle più prestigiose istituzioni museali della città e uno tra i musei geologici e paleontologici italiani.
Situato all’interno del Palazzo Arcivescovile, il quale fu realizzato nella metà del XV secolo per volere dell’Arcivescovo Simone Beccadelli, in sostituzione del più antico edificio che stava alle spalle della Cattedrale.
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Museo Diocesano of Palermo
2 Via Matteo Bonello
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Situato all’interno del Palazzo Arcivescovile, il quale fu realizzato nella metà del XV secolo per volere dell’Arcivescovo Simone Beccadelli, in sostituzione del più antico edificio che stava alle spalle della Cattedrale.
Istituito nel 1975 dall'Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, fondata da Antonio Pasqualino (1932-1995), medico chirurgo ma anche insigne antropologo e cultore della storia e delle tradizioni popolari della sua terra natale, la Sicilia.
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Internationales Puppenmuseum Antonio Pasqualino
5 P.za Antonio Pasqualino
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Istituito nel 1975 dall'Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, fondata da Antonio Pasqualino (1932-1995), medico chirurgo ma anche insigne antropologo e cultore della storia e delle tradizioni popolari della sua terra natale, la Sicilia.
Il Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi, parte del Sistema Museale dell’Università degli Studi di Palermo, custodisce una vasta collezione di motori, meccanismi, apparecchiature scientifiche e didattiche.
Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi
Il Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi, parte del Sistema Museale dell’Università degli Studi di Palermo, custodisce una vasta collezione di motori, meccanismi, apparecchiature scientifiche e didattiche.
Palazzo Bonocore (XVI sec.) si affaccia tra la monumentale fontana di Piazza Pretoria, la chiesa di Santa Caterina (1566-1596) e Palazzo Bordonaro (XVI sec). Le evidenze architettoniche testimoniano la successione temporale che tale struttura ha subito nel corso dei secoli.
Palazzo Bonocore
2 Piazza Pretoria
Palazzo Bonocore (XVI sec.) si affaccia tra la monumentale fontana di Piazza Pretoria, la chiesa di Santa Caterina (1566-1596) e Palazzo Bordonaro (XVI sec). Le evidenze architettoniche testimoniano la successione temporale che tale struttura ha subito nel corso dei secoli.
Edificata nel XVIII secolo da Gaspare Scichili, successivamente passò ai principi di Carini. Trasformata nel 1891 secondo un classicheggiante stile neo-cinquecentesco, venne ulteriormente ammodernata nel 1906 quando passò a Francesco Zito.
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Ignazio Mormino Art and Archaeology Museum
52 Via della Libertà
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Edificata nel XVIII secolo da Gaspare Scichili, successivamente passò ai principi di Carini. Trasformata nel 1891 secondo un classicheggiante stile neo-cinquecentesco, venne ulteriormente ammodernata nel 1906 quando passò a Francesco Zito.

Tipps für Reisende

Verkehrsmittel

A piedi per la città storica

A partire dal Porto di Palermo, fino alla sommità della città storica di Palermo, è stato completato un unico percorso completamente pedonalizzato. Oggi, dunque, il modo migliore per visitare la città, con i suoi monumenti, le attrazioni e gli appuntamenti gastronomici, è la classica passeggiata. Nei mesi più caldi è bene evitare di camminare sotto il sole dalle 12,00 alle 14,00 e magari approfittare per fare un salto in spiaggia a rilassarsi un po'.
So kannst du sparen

Food e beverage buono dappertutto

Non abbiate paura di fermarvi presso uno dei tantissimi venditori di cibo da strada lungo le viuzze della città. Il cibo in città è, pressoché dappertutto, di buona qualità e, di solito, costa pochissimo! Si può fare un pranzo per cinque persone a base di arancine o panini e panelle o pane ca meusa per meno di 15,00 euro complessivamente. Un motivo in più per visitare Palermo.
Buche vor der Abreise

Locali storici e visite guidate

Prenotare sempre le visite al Palazzo dei Normanni, alla Cappella Palatina e la passeggiata sui tetti della Cattedrale. Sono luoghi molto richiesti dai turisti, specialmente nei periodi estivi, e spesso si trovano lunghe code. E' sempre bene prenotare anche nei ristoranti più richiesti, o si rischia di non trovare posto ed attendere un tavolo per ore.
Nicht verpassen

Mercatino domenicale dell'antiquariato

Ogni domenica, a piazza Marina, vicinissima a Porta Felice, sul mare, si tiene un mercatino spontaneo di oggetti di antiquariato. E' un'occasione per conoscere gente, apprezzare oggetti siciliani antichi e, spesso, fare qualche buon affare. Non è difficile, infatti, portarsi a casa qualche bell'oggetto per poche decine di euro.